Domanda: Che differenza c'è fra uno psicanalista e un sarto? Risposta: una generazione. E questa storiella fa sorridere molto gli americani, perché maledettamente vera, gli ebrei emigrati oltreoceano erano davvero quasi tutti sarti, modesti Schneider emigranti dell'Europa dell'est. Comicità e umorismo non sono la stessa cosa. Il primo scatena la fragorosa risata, il secondo suscita solo un discreto sorriso. Il primo stronca senza appello, il secondo vuol far riflettere. Il primo è portatore di una carica di aggressività, allegramente incanalata certo, ma pur sempre fendente perchè concentra la sua attenzione all'esterno su qualcuno o qualcosa e attraverso la parola in qualche modo li distrugge, il secondo è liberatorio e nobilitante. Liberatorio perché nel gioco del pensiero e della parola l'io si difende dichiarandosi invulnerabile, si contempla ma non si rassegna, trasforma la situazione perdente in una sfida. Saper ridere è una sfida. Nobilitante perchè destinatario e destinatore finiscono per coincidere, l'umorismo non suscita il riso fragoroso perché non nasconde strali di aggressività, nel sorriso bonario si introduce la convivialità con l'altro e con se stessi, l'umanizzazione del soggetto o della situazione crea la solidarietà. Deridda afferma forse che l'identità ebraica è debole? "Umanità claudicante" la definisce l'ermeneuta biblico Haim Baharier. Rivendichiamola fieramente questa claudicanza, appartiene a tutta l'umanità, ma è dalla consapevolezza della sua presenza che si sviluppano forse gli anticorpi per combattere, reagire, tentare onestamente "quel mestiere di uomo" di cui parlava Pavese. L'umorismo, sguardo disincantato sul mondo e su se stessi è uno di quegli anticorpi, una sorridente presa di coscienza di quella incompletezza che trasforma la vittima in protagonista, un' ammissione della nostra limitatezza esistenziale che in quella rivendicazione trova la sua dignità, una rilettura ironica della vita attraverso le nostre fragilità.
Sembra proprio che l'umorismo sia un antidoto straordinario contro molte malattie e prima fra tutte forse la superbia, perché senza gli occhiali deformanti dell'ironia si rischia di prendere tutto troppo sul serio, di mettersi al centro del mondo con conseguente pericolosissimo delirio di onnipotenza. E questa raccomandazione fa senz'altro bene alla composita galassia del mondo ebraico, ma anche a tutti gli altri. ".....per il popolo di Israele ridere non è un verbo transitivo, ma riflessivo: non si ride mai dell'altro, si ride sempre di sé....ricorda Stefano Jesurum sul Corriere del 31 agosto.