Ridere sotto i baffi. Ennio Flaiano e Giovannino Guareschi

Creato il 03 agosto 2014 da Dragoval

           

A vederli così, soprattutto se è  per la prima volta,  sembra proprio il classico caso di separati alla nascita. Ma le affinità esistenti tra Ennio Flaiano e Giovannino Guareschi  vanno bel aldilà del singolo  particolare fisionomico (per quanto nell’associazione in questo post di questi due autori da me amatissimi i baffi abbiano avuto, senza dubbio , una considerevole  importanza ;-))  .

Flaiano e Guareschi sono stati gli animatori di due tra i più importanti settimanali del dopoguerra, che sia pure per strade diverse condividevano la  ricerca di una terza via nell’Italia divisa tra Togliatti  e De Gasperi.

Inutile sottolineare che questa scelta ha avuto il suo prezzo, giacché entrambi gli autori si sono sempre visti snobbare dalla più agguerrita critica militante e molto raramente hanno l’onore di comparire nei volumi di storia della nostra letteratura. Solo dopo la morte di entrambi, si può dire, il valore della loro opera è stato opportunamente riconosciuto, sebbene sempre ombrato da una certa pregiudiziale resistenza (specialmente nei confronti di Guareschi, e ad onta dello straordinario successo internazionale ottenuto soprattutto con le storie di Mondo piccolo)

Flaiano fu redattore capo e anima de Il Mondo , settimanale pubblicato a Roma tra il ’49 e il ’66, fondato e diretto da Mario Pannunzio, che ha potuto vantare i contributi delle maggiori firme del pensiero liberale italiano ed europeo, da Croce a Orwell a Mann;

Guareschi fondò e diresse assieme a Giovanni Mosca, già nel 1945,  il noto settimanale umoristico Candido, che pur schierandosi nettamente a favore della Democrazia Cristiana nelle elezioni cruciali dell’Aprile  del ’48, si orientò successivamente verso l’indirizzo monarchico, fino alla cessazione delle pubblicazioni nel ’61 a seguito della rottura con l’editore Angelo Rizzoli per motivi editoriali e politici (L‘affaire Guareschi è un altro dei simpatici fatti diversi di storia letteraria e civile del nostro Paese).

Entrambi hanno lavorato nel mondo del cinema: Flaiano, come è noto, ha firmato le sceneggiature delle migliori pellicole felliniane; Guareschi ha raggiunto la notorietà con i film tratti dai suoi racconti del ciclo Mondo piccolo,  con gli immortali Don Camillo e Peppone  impersonati da Gino Cervi e Fernandel

Entrambi sono stati, prima ancora che uomini di lettere e di spettacolo, mariti e padri amorevoli,  con un vivissimo senso della famiglia: amatissime da Flaiano la moglie Rosetta Rota e la figlia Luisa, detta Lelé,  che causa di una grave encefalopatia non poté mai imparare a parlare . Flaiano, aldilà delle pose brillanti da viveur di via Veneto, fu in realtà interiormente spezzato da questo dramma,  che gli allontanò per sempre la famiglia,  con la moglie costretta ad assistere la figlia in una struttura in Svizzera;

Guareschi invece ha fatto della sua amata Ennia (in arte Margherita) e dei figli Alberto e Carlotta ( chiamata scherzosamente la Pasionaria, a causa del carattere risoluto) i protagonisti delle deliziose storiedello Zibaldino e del Corrierino delle famiglie;

   

Entrambi sono inoltre scrittori fecondissimi, poliedrici e forse disorganici , che hanno pubblicato opere e lasciato materiali inediti all’insegna dell’asistematicità; Guareschi riconosce chiaramente questo debito nell’introduzione al suo  Zibaldino (prima edizione Rizzoli, 1948)  e ad un novello Zibaldone lascia pensare (a parte il romanzo Tempo di uccidere) la pubblicazione delle opere  e degli scritti postumi a cura di  Maria Corti e Anna Longoni (Bompiani, 1988-1990, di cui si può leggere oggi una selezione nel volume Adelphi, delle Opere scelte.): Diario notturno, Diario degli errori, Le Ombre bianche, Frasario essenziale per passare inosservati in società.

Flaiano e Guareschi sono soprattutto due  umoristi di razza .:  più lapidario e diretto, a volte acre, Flaiano, Guareschi più sottile e garbato. Il loro umorismo, come voleva Pirandello, è vero sentimento del contrario ovvero capacità di lettura del paradosso nell’assurdo dell’esistenza e tanto più è leggero quanto più alto è il grado di distillazione della malinconia. Nei loro testi satirici e anche schiettamente comici, si ritrova infatti quella leggerezza surreale, quel senso del paradosso che, sorprende il lettore e gli rivela all’improvviso, in un dialogo o in un aforisma,  una verità tanto profonda quando inattesa.

Esame di moralismo

“Lei è moralista?Esprima un giudizio pessimistico sugli italiani.” “Sono dei dongiovanni sul piede di casa che all’estero si lamentano del continuo caffè e a casa consumano più brillantina che carta”. “Bene. Definisca scherzosamente la situazione politica in Italia”. “La situazione politica in Italia è grave ma non è seria”.”Ne dia un giudizio più amaro”. ” Sono un sincero democratico, ma certe cose mi fanno arrossire di rabbia e di vergogna; penso perciò che gli Italiani siano irrimediabilmente fatti per la dittatura”.”Accenni con disinvoltura al suo passato fascista”. ” Ero studente, allora, e la mia attività si riduceva a svolgere un’azione tanto ingenua quanto inascoltata nella mia organizzazione”.”Accenni, con prudenza, alla sua attività di partigiano”.Fu soltanto negli ultimi tempi che ebbi l’onore, ché tale lo consideravo, di partecipare a un modesto movimento: il mio, debbo dire, malfermo entusiasmo, e la mia azione critica, non furono tuttavia gradite.” “Magnifico. Adesso sia spiritosamente antipatriottico” “Come Saturno, di cui portava ab antiquo il nome, questa terra non riesce a perdonarsi di averci dato i natali”.”Una domanda facile: che cosa fa, lei, ogni volta che va in treno?”Scrivo un pungente articolo sui miei occasionali compagni di viaggio”.”Mettendoli in ridicolo?” “Sì, “et pur cause”!””come, se è lecito?” “Riportando i loro discorsi e sottolineandone l’assenza di logica,di senso politico, di serietà, e di educazione civile e patriottica”.[...]“Frequenta lei i salotti?” “Forcément, per studiare la decadenza delle classi borghesi”. “Frequenta le case di tolleranza?” “Per studiare la spaventosa condizione delle mercenarie”.”Frequenta i ristoranti?””Per bollare, nei miei scritti, le persone che occupano gli altri tavoli”[...]“E a teatro, ci va? “Ci andrei,ma non sopporto gli intervalli” “La ragione, prego?””Negli intervalli gli spettatori discutono di argomenti che non conoscono”.

Ennio Flaiano, Diario notturno

 
 

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Giornalismo ’45-’46
Portai il mio primo articoletto al quotidiano del pomeriggio che mi aveva invitato a collaborare.
Era un pezzettino scritto col miglior garbo possibile, che m’era costato molta fatica, e lo presentai sicuro di me al redattore capo del giornale.
«Debole» disse il redattore capo restituendomi il foglio. «Così non può andare. Cerca di renderlo più interessante, più movimentato.» Rimasi un po’ male, a ogni modo promisi che me lo sarei riguardato attentamente. Onestamente però non potevo assicurargli che sarei riuscito a movimentarlo molto. «È un pezzo piuttosto di colore» conclusi. «Risulta un po’ difficile movimentare i pezzi di colore.»
«E chi ti parla del pezzo?» replicò il redattore capo. «Il pezzo non mi interessa, non l’ho neanche letto. Mi interessa il titolo e io parlo appunto e solo del titolo.»
Si trattava di un pezzettino d’attualità per quei giorni: parlava di un bambino che si rigira nel suo letto aspettando con impazienza il mattino per correre a vedere cosa gli ha portato la Befana. E perciò avevo trovato naturale intitolarlo: La calza sotto il camino.Effettivamente era un po’ debole e io rinforzai il concetto: Stanotte Gigetto non dorme.«Meglio», disse il redattore capo. «Però non ci siamo ancora: cerca di interessare il lettore. Stuzzica la sua curiosità.»
In questi casi l’interrogativo è quello che ci vuole; perciò modificai con facilità il titolo: Perché Gigetto non dorme stanotte?
«Bene» approvò il redattore capo. Ma poi ci ripensò e scosse il capo. Mettendo Gigetto, la gente avrebbe capito subito che si trattava di una cosetta leggera. Occorreva rimanere più sul vago e sul misterioso.
Ammantai il titolo di mistero: Qualcuno non dorme, stanotte. «Puzza di letterario» disse il «Cambia stile, fa qualcosa di più cronistico, di più moderno. Sfogliati la raccolta, cerca di adeguarti allo stile del giornale.»
Sfogliai la raccolta, cercai di adeguarmi, ed ecco tre nuovi titoli: Dormire e no.
Dan, dan, dan, già le tre, ma lui duro! — E aspetta aspetta, non arriva mai questa porca mattina.
Il redattore capo disse che la gente ama le cose forti: il fatto bisogna sempre “montarlo”, non presentarlo come uno scherzo. Drammatizzare, non ironizzare.Drammatizzai e ottenni cinque titoli interessanti:
Cosa succede nell’altra stanza? — Passi si udranno nel buio ? — Chi è la vecchia misteriosa che va in giro di notte? — Vecchia di notte. — Notturno con vecchia.
«Ci siamo» esclamò il redattore capo. «Punta tutto sulla vecchia: le vecchie rendono moltissimo, in cronaca. Le vecchie interessano sempre.» Si mise egli stesso al lavoro, e alla fine mi lesse il risultato:
Una vecchia urla nella notte — Attenzione! Vecchia che urla in via Pacini. — Accorrete,sgozzano la vecchia del quinto piano! — Aiuto! Sbudellano la vecchia e il sangue scorre per le scale rosso e fumante come vino brulé! Stabilì che l’ultimo era il migliore e mi chiese se mi piacesse.
«Molto» risposi. «Però nel mio pezzo non si parla di delitti, si parla di un bambino che si rigira nelletto aspettando la Befana.»
«Benissimo» esclamò il redattore capo. «Il bambino veglia nella notte aspettando la Befana, ed ecco che a un tratto ode un grido: nella casa vicina hanno sgozzato una vecchia e lui allora crede che si tratti della vecchia Befana e piange disperatamente col viso affondato nel cuscino. Lo modifichi in due minuti, il pezzo, e ottieni anche un finale commovente.»
«E la vecchia sgozzata? Vuoi inventare un delitto?»
«Ma che inventare! Tu non precisare località: figurati se stanotte in tutta Milano non sgozzano una vecchia.»
Effettivamente, quella notte, una vecchia fu sgozzata e magari ci fu effettivamente qualche Gigino che udì il grido e pensò che avessero assassinato la Befana.
Ma questo sistema della cronaca preventiva non mi va giù: ai miei tempi prima si lasciava che accadesse il fatto e poi lo si raccontava, e non si permetteva che, per amor di un bel titolo, si sgozzassero le vecchie signore.

Giovannino Guareschi, Lo Zibaldino

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Qui il testo integrale dell’Esame di moralismo;

Qui il testo integrale de Lo Zibaldino



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