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Riff XI: “Love in the grave”, l’avvio ufficioso brilla di indipendenza

Creato il 16 aprile 2012 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Riff XI:  “Love in the grave”, l’avvio ufficioso brilla di indipendenza

Anno: 2011

Durata: 79′

Genere: Documentario

Nazionalità: Repubblica Ceca

Regia: David Vondracek

Tagliato il nastro al via di questa XI edizione del Rome Indipendent Film Festival – Riff Awards, realtà ormai più matura e sicura di sé ad ogni passaggio di anno. L’infante festivaliero è cresciuto fino a ‘doppiarsi’. Al Nuovo Cinema Aquila si aggiunge, ex novo nell’edizione 2012 per gli abituè ed i neofiti spettatori, la Casa del Cinema: nido dei documentari italiani ospitati nei tre giorni del relativo concorso. La mia prima visione (ingresso pomeridiano-introduzione del debutto ufficiale serale) ha condensato al meglio (per quanto mi riguarda) l’idea e la sostanza di indipendenza cinematografica: un fare cinema trasversale, ‘scomodo’ per ciò che aggiunge al nostro sguardo sul mondo e alla nostra capacità di rappresentazione, nuovo-novus nell’attraenza di senso e significato che rende, anche nell’artigianalità-povertà dei mezzi tecnici impiegati, nella poesia che offre pur nel più crudele e spietato occhio sul reale. Questo è Love in the grave (2011), in concorso nella sezione Documentario internazionale, ‘documentario di osservazione’ di David Vondráček, giornalista, editor, sceneggiatore-regista ceco. Ci appare una Praga degli inizi del 2000, resa ancora più ‘lontana’ ed ‘evanescente’ da una qualità visiva sghemba ma decisamente ipnotica nella sua imperfezione tecnica, nella granulosità della polpa fotografica… L’atmosfera è bucolica: verde, luce, sole, vento… Una  donna nuda, dalle forme renoiresche si lava in una tinozza di plastica circondata da edere… Silenzio. Le tombe si confondono con la vegetazione, le statue-bassorilievi di angeli di pietra si mescolano ai clochard cechi che bivaccano tra i defunti: per un attimo, l’impressione di un Eden sulla Terra. Siamo nel cimitero tedesco evangelico di Praga- Strašnická. David (la telecamera per lui e con lui) filma e ascolta Jan e Jana: un uomo e una donna ai margini sociali da anni… Jan si porta addosso la sua ostinazione di libertà, illusivamente  perseguita nell’unica forma permessa: in balia della sola sopravvivenza ferina, in cerca di tane, pane e acqua, allo stato brado-animale del primitivismo umano. Jana, rotta per sempre nell’adolescenza dalle violenze sessuali di suo padre, ha perso qualunque direzione, affidandosi all’istinto dell’amore-appoggio all’altro, meta che scandisce i vari-passaggi-mutamenti sempre più nel fondo di un lasciarsi vivere ‘senza ragione’. L’amore li unisce, dà ad entrambi l’illusione di aver trovato per sempre una meta: il cimitero e la tomba neo-gotica occupata da Jana li proteggono dalla corrosiva società ai cui ritmi e alle cui regole non vogliono e/o non hanno la forza di adeguarsi: il mondo appare lontano, finalmente irraggiungibile.

Riff XI:  “Love in the grave”, l’avvio ufficioso brilla di indipendenza

David e la sua telecamera ci rendono esattamente la purezza, l’innocenza di questo ’inganno’: i mille baci tenerissimi che Jan e Jana cercano l’uno dall’altro, per darsi forza; il tenersi la mano barcollanti, ebbri di alcol per spezzare noia, fame, freddo. Il rovistare di Jan nella spazzatura per recuperare libri, riviste da rivendere, ci mette davanti agli occhi anche i nostri scarti consumistici: intellettuali, alimentari, materiali… L’altra faccia di ciò che siamo. L’idillio ben presto si sfalda: il cimitero è oggetto di recupero-restuaro… la polizia invade il campo, insieme ai manovali e ai rappresentanti statali. La tomba neogotica viene ripulita, murata, e Jana fatta sgombrare. Neanche la baracca fatiscentissima di Jan, l’unico rifugio nel cimitero per entrambi, resiste alla successiva demolizione, rinviata ma inevitabile. E con essa, anche l’amore… Jana non crede più all’‘appoggio’ di Jan, lo trova noioso, è umana più che mai in questo improvviso disincanto. Gli anni passano, e l’occhio filma le rispettive derive… Impassibile, segue l’avanzare sempre più lento e stanco di Jana in cerca di elemosina, sfaldata nella innata bellezza del viso salda a lungo, ora definitivamente svanita. Jan resiste di più, pelle dura, nato per lo stato brado, ma conscio che la libertà non può portare in sé un prezzo così alto: non è in grado neppure di riscattare le ceneri di Jana, destinata ad essere dispersa come un cane… Girato in totale autoproduzione, Love in the grave è un documento visivo poetico e crudele, vibrante testimonianza delle appendici umane della nostra cosiddetta civiltà.

Maria Cera

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Scritto da il apr 16 2012. Registrato sotto FESTIVAL, RECENSIONI FILM VISTI AI FESTIVAL. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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