Noi, gli eremiti di massa di Umberto Galimberti:
... il mondo non è più ciò che sta, ma a stare (seduto) è l’uomo, e il mondo gli gira attorno capovolgendo i termini con cui, dal giorno in cui è comparso sulla terra, l’uomo ha fatto esperienza.
Le conseguenze non sono da poco. Se il mondo viene a noi, noi non “siamo-nel-mondo” come vuole la famosa espressione di Heidegger, ma semplici consumatori del mondo. Se poi viene a noi solo in forma di immagine, ciò che consumiamo è solo il fantasma.
Se questo fantasma lo possiamo evocare in qualsiasi momento, siamo onnipotenti come Dio. Ma poi questa onnipotenza si riduce, perché, se possiamo vedere il mondo senza potergli parlare, siamo dei voyeurs condannati all’afasia. Tutto questo dal nostro punto di vista.
Se poi ci mettiamo dal punto di vista del mondo, allora assistiamo a un’altra serie di strane trasformazioni.
Se un fatto che accade in luogo determinato può essere trasmesso in qualsiasi luogo della terra, quel fatto perde la sua “individuazione” che è sempre stato il tratto caratteristico dei fatti. Se per vederlo bisogna pagarlo, allora quel fatto, insieme a tutta la serie dei fatti, cioè il mondo, diventa merce. Se la sua importanza dipende dalla sua diffusione attraverso i media, allora l’essere dovrà misurarsi sull'apparire.
Inutile dire che in questa condizione, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, si riduce, fino ad annullarsi, lo spazio della libertà e il bisogno di interpretazione. .....
Come si vede, essere esposti non al mondo, ma alla visione del mondo, o se si preferisce "essere digitali" comporta qualche problema filosofico e soprattutto incide sul nostro modo di fare esperienza che non è un fatto del tutto trascurabile.
Già 50 anni fa Gunther Anders ne L’uomo è antiquato, sospettava che il mondo può diventare illeggibile per overdose di informazioni e l’uomo può perdere il bene più prezioso che è la capacità di far esperienza.
Non siamo infatti onnipotenti come i mezzi di cui disponiamo, e non saranno certi mezzi onnipotenti capaci di mettere in comunicazione milioni di solitudini e fare di tutti i solitari, privati proprio dai mezzi di comunicazione della possibilità di fare un’esperienza condivisa, gli abitanti di un mondo comune. Tratto da “la Repubblica”, 18 agosto 2005 http://www.psicoterapia-corporea.com/articoli/164-noi-gli-eremiti-di-massa-
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