“L’ Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Qualcuno sa spiegarmi cosa significhi questa frase in verità? Che affinché ci sia una Repubblica prima deve esistere il lavoro? Non ho capito bene il senso. Il lavoro (che poi cos’è il “lavoro”?) viene svolto dall’uomo, quindi l’uomo dovrebbe essere più importante e dovrebbe essere lui, e non il suo agire, a comparire sul primo articolo della costituzione. Da qui invece sembrerebbe che è dal lavoro che si emana il tutto. Come un qualcosa di trascendente, di divino oserei dire, rispetto al quale l’individuo si trova in una condizione di sottomissione. Posso anche comprendere il contesto politico, culturale e, soprattutto, storico che portò a stilare questa espressione. Si usciva da una dittatura ventennale e a questo bisogna aggiungere che si doveva trovare una sintesi tra posizioni ideologiche (quella cattolica e quella comunista) non solo differenti ma addirittura antitetiche. Ecco perché molti articoli della nostra carta sono composti da due parti distinte. Capisco tutto. Ma, per utilizzare l’espressione di un costituente statunitense, la mano dei morti non può continuare a tracciare la strada dei vivi. Era Thomas Jefferson, colui che sarebbe diventato il terzo presidente USA. Ed espresse tale concetto nonostante potesse ben dire d’aver redatto una costituzione veramente all’avanguardia (e tutt’ora attualissima). Insomma, quel che voglio sottolineare è che auspicare una modifica della carta, non riguardante esclusivamente la parte inerente l’architettura istituzionale, non deve esser visto come una bestemmia laica o, peggio ancora, come un attentato alle fondamenta del nostro vivere civile. Riportare al centro l’individuo, qui sta il punto. E mentre scrivo queste ultime parole ripenso alla conclusione di Antifona, un romanzo di Ayn Rand, madre dell’Oggettivismo: “E qui (…) scolpirò la parola che dovrà essere il mio faro e il mio stendardo. La parola che non morirà (…). La parola che non può morire su questa terra, poiché ne è il cuore e il significato e la gloria. La parola sacra: EGO”.
Luca Proietti Scorsoni – Giovane Italia – Terni.