Da lunedì pomeriggio, come ho 2 minuti liberi, la mente corre subito a quanto successo sulle strade del Giro d'Italia con la terribile morte del giovane Wouter Weylandt, un ragazzo del'84 come me che aveva la fortuna di lavorare facendo lo sport più bello del mondo...
Da qui sviluppo una mia breve riflessione... La prima sul lavoro di ciclista, perché di questo si tratta, di uno sport certo ma di uno sport che ai professionisti come Wouter garantisce il reddito per vivere, loro e le proprie famiglie. Ma che a volte gli costa la vita stessa. Questo perché dei ciclisti e del ciclismo ci si ricorda spesso solo per gli scandali doping o per lamentarsi delle strade chiuse per pochi minuti per permettere il passaggio di una gara... E badate bene, non si parla dei calciatori, si parla di ragazzi che (salvo rare eccezioni che ad un grande giro si contano sulle dita delle mani) fanno un mestiere duro, che li impegna 360 giorni all'anno per ore ed ore, non in ufficio o nella comodità di un campo da calcio ma nelle strade di tutti, nei pericoli che tutti trovano nelle strade, ma che non gli assicurerà di certo un reddito con cui "vivere di rendita"...
Lasciata la parte più materiale, mi riallaccio all'ultimo passaggio per cercare di capire perché una morte così mi lascia (come tutti i veri amanti del ciclismo) scioccato... Perché la fatica, i pericoli, le strade dei prof sono le stesse di ogni amatore o sportivo... Questo rende il ciclismo umile e speciale! Perché tutti si é parte di una unica grande famiglia, ognuno si può allenare insieme a grandi campioni (é successo più volte anche a un bischero come a me) e può capirne la fatica e l'impegno necessari ad ottenere buoni risultati...
Da lunedì pomeriggio mi sono tornate subito in mente le immagini del Tour del 1995 quando Fabio Casartelli perse la vita in discesa, mi ricordo che stavo guardando la tv quando d'improvvisa la voce di De Zan si ruppe e non riuscì più a proseguire la cronaca, la tappa successiva con il caldo torrido dei pirenei e tutti i corridori insieme, con Chiappucci in prima fila con il casco, lentamente in gruppo per tutta la tappa... O quando nel 1999 appresi dalla tv che lo spagnolo Manuel Sanroma era morto cadendo in uno sprint... e non dissi nulla ai miei, per non farli preoccupare...
Vi segnalo l'articolo di Gianni Mura del 10 maggio, il commovente articolo di Gianni Mura, e un post del blog di Linus... Mi ci riconosco tantissimo...
Povero Wouter.... povero ciclismo..
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