Riflessioni filosofiche e pratiche dopo la festa di Autodafé

Creato il 09 febbraio 2012 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

La nostra festa è andata benissimo. Almeno, così la penso io. Ne approfitto per ringraziare ancora tutti i partecipanti, dagli amici e sostenitori agli intrepidi autori (specie quelli arrivati da lontano), fino a tutti gli operatori del settore che ci hanno dedicato la loro attenzione e ci hanno onorato con la loro presenza. E ancora grazie, ovviamente, a Cristina della libreria “Il mio libro” e a tutto lo staff del Baluba Café, che hanno reso possibile la serata.
Personalmente sono soltanto dispiaciuto di non aver potuto dedicare a tutti i presenti il giusto tempo e la giusta attenzione. Colpa, o merito, di un turbinoso susseguirsi di colloqui, tessitura di relazioni, costruzione di rapporti e confronto di idee da mettere presto in atto, che mi ha assorbito per tutto il tempo a disposizione; d’altra parte, oltre alla voglia di creare un momento di ritrovo per tutta la squadra e i suoi supporter, uno dei prosaici motivi della serata era proprio quello di riunire attorno agli stessi tavoli persone con cui avremo la possibilità di costruire qualcosa di interessante.
Meno felice, decisamente, è stato per me il dopofesta. Appena risalito in auto (meglio: appena ripartito) mi sono reso conto di qualcosa che non andava; un qualcosa che in breve tempo, prima col rumore e poi con le inevitabili conseguenze sulla guida, si è rivelato essere la gomma posteriore destra completamente a terra. La conseguenza è stata un laborioso cambio gomma in piena notte, al gelo, ai margini (ma neppure troppo, dovendo lasciare spazio per le manovre di sostituzione) della strada. La causa, temo proprio, non può essere ascritta alla semplice incuria che, in effetti, riservo al mio vetusto mezzo di trasporto; perché in andata ho viaggiato benissimo, al ritorno i problemi si sono manifestati subito e una gomma così malridotta in una decina di minuti è più facile sia frutto di un sapiente taglietto che di un’usura naturale.
Di certo, tenderei a escludere che il danno sia dovuto a uno spuntone di ghiaccio o a buche sulle strade. Perché, come i partecipanti arrivati da fuori città avranno apprezzato, la nevicata è stata neutralizzata benissimo dai milanesi e dalla loro amministrazione. Vero che di neve non ne è caduta molta, ma vero anche che il gelo immediato ha impedito il pur minimo scioglimento spontaneo: quel che si è depositato sei o sette giorni fa si è immediatamente trasformato in crosta di ghiaccio e tal quale è rimasto, se, naturalmente, non è stato prontamente spalato.
Divago un po’, ma in fondo voglio solo dire che, come nel caso della mia gomma, anche nella gestione delle emergenze climatiche e meteorologiche credo poco all’ineluttabilità del destino cinico e baro. Più probabile, senza evocare il complottismo o le forze oscure della reazione in agguato, che molti disagi siano più frutto di colpa che del caso; e che, all’opposto, la capacità di far fronte all’emergenza sia un merito e non un colpo di fortuna. Perché è vero che se cadono due metri di neve su tutti i passi appenninici qualche disagio bisogna metterlo in conto, ma è anche vero che fenomeni limitati e circoscritti devono e possono essere affrontati, e risolti, con un minimo di organizzazione e volontà.
Nessuna voglia, sia chiaro, di esaltare l’efficienza milanese contrapponendola alle paralisi di altre città. Anche perché ho ben presente come, in tempi recenti, nevicate non molto peggiori di questa abbiano visto Milano fermarsi, con code interminabili di auto e blocco totale dei trasporti, da aggiungere all’impraticabilità dei marciapiedi fino a quando il sole e la temperatura non provvedevano in proprio a risolvere la situazione. Stavolta, però, abbiamo visto i mezzi uscire a ripulire le strade non appena la neve ha cominciato a cadere (ed era sera) e, fatto forse anche più incredibile, abbiamo visto gli amministratori degli stabili e i proprietari degli esercizi commerciali efficacemente costretti a provvedere alla pulizia dei tratti di competenza.
Serve, anche nelle situazioni meno favorevoli, la capacità di prevedere, decidere, operare e obbligare ciascuno a fare la propria parte. Credo che, alla fine della serata di Autodafé, anche questo sia un ammaestramento che non esce dal tema. Se nessuno fa la sua parte, il lamento contro il destino è solo la giustificazione dell’inetto o dello svogliato. Se tutti fanno la loro parte, è probabile che i risultati arrivino.


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