Mattina presto di un lunedì di fine ottobre, tre/quattro ragazzini affollano la cassa del supermarket in attesa di pagare le merendine da consumare durante la ricreazione odierna. Uno di essi sta già anticipando agli amici da cosa si travestirà il prossimo 31 ottobre, festa di Halloween: da Gianni a Lanterna. Ecco ciò che succede quando un popolo che ha smarrito le proprie radici si appropria, coscienziosamente o meno, di usi e costumi altrui, magari ben propagandati da un sistema pubblicitario tendente all'omologazione delle masse agli stereotipi dei telefilm statunitensi. Non si tratta, beninteso, di condannare il relativismo culturale, di per sé atteggiamento virtuoso e costruttivo, a patto di essere criticamente consapevoli delle caratteristiche di qualsivoglia identità cui si intenda accostarsi. Il caso emblematico del ragazzino che scimmiotta un problematico Gianni a Lanterna – oltre ad aver nulla da spartire con il concetto di “relativismo culturale” – evidenzia un duplice errore prospettico: l'appartenenza inconsapevole al proprio territorio rivelata dall'utilizzo disinvolto del dialetto reggino in cui il Jack o' Lantern è stato artificiosamente tradotto, unita ad una conoscenza superficiale, certamente acquisita tramite il mezzo televisivo, della celtica Festa di Halloween. In parole povere, il ragazzino non ha capito una zucca – mai modo di dire fu più azzeccato di questo! –, né della facies culturale dei propri Padri, né di quella dei propri pseudo-modelli americani. L'unico modo per evitare di cibarsi di questo “minestrone”, in cui male si amalgano una serie di tradizioni indiscriminatamente gettate nel calderone dell'ignoranza, è quello di documentarsi, di scoprire il come, il quando e il perché, un'usanza si è accostata o è stata sostituita da un'altra. D'altronde, la differenza fra un bambino reggino che vuole travestirsi da Gianni a Lanterna e uno statunitense è che quest'ultimo, la notte di Halloween, difficilmente andrà in giro a bussare alle porte dei vicini chiedendo “the little zombie” – traduzione libera da “morticeddi”, ovvero i dolcetti che si usano regalare ai bimbi del reggino in occasione della commemorazione dei defunti –, anziché l'usuale “trick or treat” (“dolcetto o scherzetto”). Il ragazzino statunitense, infatti, conoscerà alla perfezione le proprie costumanze e, chissà, magari starà già ridendo alle spalle dei suoi coetanei reggini con le loro cervellotiche traduzione dall'inglese. Del resto, se sono stati loro a inventare Gianni a Lanterna, non sappiamo immaginarci come tradurranno Notte di Valpurga, ma di sicuro entreranno in gioco, fra i vari dolciumi che si consumano in quest'occasione, i confetti lassativi.
Natale Zappalà