Il voto è un diritto, oltre che un dovere. Certamente non è un obbligo né può esserlo, da qui viene la legittimità dell'astensione. Ma se da un punto di vista strettamente giuridico la legittimità dell'astensione non può essere messa in discussione, pena il ritorno alle dittature, da un punto di vista etico devono essere formulati dei distinguo al riguardo.
Anche la non scelta è una scelta. Spesso l'argomentazione di chi si astiene è la delegittimazione dei candidati all'agone politico ma, se si tralasciasse un approccio di spicciolo qualunquismo, non sarebbe difficile accorgersi che l'astensione è un modo per delegittimare lo strumento elettorale più che i candidati. Da qui diventa altrettanto evidente che per contestare i candidati o i partiti cui aderiscono più utile sarebbe presentarsi al seggio e rifiutare la scheda elettorale o annullare il voto, oppure ancora lasciare la scheda bianca. Ci sarebbe molto da dire su queste opzioni ma non è mia intenzione farlo.
Mi interessa invece scrivere poche righe sull'astensione in caso di referendum. Quando si è di fronte ad una scelta binaria come quella referendaria come si configura l'astensione? E' davvero una terza via? Naturalmente quanto ho affermato prima sulla legittimità dell'astensione resta valido anche nel caso dei referendum, ma l'astensione al referendum è della stessa natura dell'astensione alle elezioni?
E' noto che un NO ai referendum lascerebbe inalterata la legge oggetto del quesito referendario, mentre il SI avrebbe un effetto abrogativo, allora cosa esprime l'astensione? Una sorta di "non so"? Se il NO lascia le cose inalterate, esattamente come succederebbe in caso di mancato raggiungimento del quorum, l'astensione non è uno strumento al servizio del NO? Non ci sarebbe in questo caso una asimmetria nei rapporti di forza tra le posizioni del SI e del NO? Intorno a quest'ultima domanda potrebbe essere utile aprire una discussione se sia il caso di rivedere la regola del raggiungimento del quorum.
Personalmente io non sono d'accordo sulla revisione di tale regola, per una serie di motivi, non ultimo quello che le scelte non possono farsi a minoranza e togliere il quorum ai referendum ordinari aprirebbe le porte al paradosso che siano in tre persone a fare le scelte che riguardano un intero paese.
Parafrasando Gaber, democrazia è partecipazione ma soprattutto è informazione. Il cittadino deve vedere riconosciuto il primario diritto di sapere, di conoscere il peso delle scelte possibili e delle loro conseguenze, intorno a questo diritto ruota il discorso politico, tutto ne discende. Se il cittadino non è informato allora non si può dire pienamente partecipe della vita politica, della polis. Pertanto l'astensione è di fatto la sconfitta della democrazia e della politica, risultato di un consapevole ed irresponsabile, se non criminale, disegno di progressivo abbandono dei partiti del ruolo di formazione ed informazione dei cittadini alla vita politica.
Un cittadino disinformato - ma a questo punto non sarebbe neanche un cittadino - è più facilmente manipolabile di un cittadino informato e questo fa comodo a chi ha paura della democrazia nonostante occupi (o usurpi) ruoli di rappresentatività. Inutile fare ricorso a questo punto alla mutazione antropologica, pure importantissima, dovuta alla macchina mediatica di un parvenu arricchito con leggi su misura, proprio quelle leggi su misura fatte ben prima che il parvenu "scendesse in campo" ci fa capire che all'origine della regressione del discorso politico c'è la stessa politica. Per quanto i tempi siano cambiati può essere ancora utile ricordare che la macchina informativa e formativa che dispiegava il PCI o la DC di un tempo era così capillare che forse avrebbe avuto ragione di quattro miserabili dietro uno schermo. L'astensione è quindi l'abdicazione volontaria dei partiti politici dal ruolo formativo che si davano un tempo e che ad un certo punto hanno smesso di darsi.
Inoltre, una distinzione è doverosa tra chi si astiene perché disinformato e chi consapevolmente invita all'astensione. In quest'ultimo caso, e soprattutto nel caso di referendum (e solo in questi si invita all'astensione, perché non si è mai visto, né si vedrà, un politico che inviti all'astensione alle elezioni politiche o amministrative!), invitare all'astensione è un atto ignobile, che sfrutta proprio quell'asimmetria tra opzioni possibili che citavo prima e che dovrebbe sempre essere oggetto di esecrazione nella politica.
Detto questo vado a votare al referendum, ma aggiungo che mi piacerebbe che intorno a questi temi si aprisse un dibattito, mi piacerebbe conoscere le vostre opinioni al riguardo.