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Il titolo del film parafrasa una lettera di San Paolo ai Corinzi (1 Corinzi, 13, 12): "Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte; ma allora conoscerò appieno, come anche sono stato appieno conosciuto", che significa che la nostra comprensione di Dio è confusa finché siamo in vita, ma ci sarà chiara dopo la morte. Anticamente, quando non esisteva il vetro, gli specchi erano fatti di metallo, come ad esempio il bronzo, e le immagini che rimandavano erano più scure di com’erano nella realtà gli oggetti riflessi. Lo specchio nel film rappresenta l’ambiguità dei confini tra sogno e realtà, soprattutto nella malattia mentale, dove la realtà è dominata dall’inconscio; il sogno offusca la realtà e la realtà, come il riflesso di un antico specchio di metallo, rimanda solo immagini opache.
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Altra famossissima scena di specchi si trova in "La signora di Shanghai" (The Lady from Shanghai, 1947) di Orson Welles. È nel labirinto di specchi all’interno di un padiglione di luna park che si svolge la resa dei conti finale tra la protagonista Elsa e il marito (scena citata da Antonio Margheriti nel suo “E Dio disse a Caino”).Un altro esempio di uso psicanalitico del simbolismo dello specchio lo ritroviamo poi nella trilogia de “Il signore degli anelli” di Peter Jackson, e in particolare nel secondo e terzo episodio “Le due torri” (The Lord of the Rings: The Two Towers) e “Il ritorno del re” (The Lord of the Rings: The Return of the King), dove viene approfondito il personaggio di Smeagol/Gollum: memorabili le scene in cui dialoga con l’altro se stesso (ovvero la sua doppia personalità) specchiandosi nell’acqua del torrente. Andando oltre, si potrebbe anche dire che il dualismo bene/male di cui tratta l’intera trilogia rappresenti esso stesso un ulteriore uso dello simbolismo dello specchio…Qualche volta lo specchio nel cinema ha una mera funzione accessoria o di espediente narrativo (vedesi ad esempio “Profondo rosso”), ma più spesso la sua funzione è molto più importante. Se lo specchio compare spesso nei film noir, thriller, del fantastico o dell’orrore, è essenzialmente perché viene associato all’anima e quindi può rifletterne all’esterno la corruzione (o l’assenza) – esiste infatti nel linguaggio comune la locuzione "specchio dell'anima", che si riferisce a qualcosa in grado di rivelare la vera personalità e persino le intenzioni più profonde e (mal)celate di una persona. I malati mentali spesso mal sopportano di guardarsi allo specchio, per ciò che lo specchio gli rimanda e per ciò che sottende.
L’identificazione specchio=portale è stata sfruttata però più che altro nella fantascienza, così come il supposto potere dello specchio di fungere da “occhio magico” per vedere la verità, il passato e il futuro, perfino eventi avvenuti o che avverranno lontano da dove ci si trova – come nel caso del famoso specchio della matrigna di Biancaneve. Dall’immagine della classica “sfera di cristallo” delle fiabe potremmo facilmente risalire a ritroso a un vastissimo universo mitologico popolato di figure come Sibilla, Circe, Morgana, Medea, Sirena, le Arpie, Melusina, per restare solo in ambito occidentale…. figure con connotazioni negative, dotate di qualche tipo di attrattiva (sessuale e psicologica) sull’altro sesso, e una valenza esoterica oltre che psicoanalitica. Effettivamente la divinazione condotta con l'ausilio degli specchi (ma anche di oggetti aventi superfici riflettenti come cucchiai, tazze, pozzanghere ecc. ecc.), definita catoptromanzia, durante la quale un individuo guardandosi allo specchio poteva anche vedervi riflessa la propria morte dionisiaca, è una pratica strettamente collegata al femminile, di conseguenza connessa anche agli elementi femminili dell'acqua e della luna. Nelle culture tradizionali l’acqua con il suo fluire è sempre stata un simbolo del divenire e non è un caso che la sua superficie riflettente sia stata la prima forma di specchio a disposizione dell’umanità…
Nella letteratura fantastica, un mondo rovesciato dentro o oltre lo specchio, attinente al sogno o all’aldilà, dove le leggi fisiche sono spesso invertite o sovvertite è un classico. Di questo parla “Alice attraverso lo specchio” di Lewis Carroll, in cui una bambina sperimenta un viaggio in un mondo speculare al nostro, una realtà parallela che simboleggia le regioni inesplorate della nostra mente e dal profondo significato iniziatico/ermetico. Ne “Il ritratto di Dorian Gray”, Oscar Wilde ripropone l'aspetto nefasto dell'atto di rispecchiarsi che nel mito ha già fatto una vittima più che illustre: Narciso. Dorian è davanti allo specchio che, come un bambino alla scoperta di se stesso, prende coscienza della sua bellezza, e della fugacità della stessa, con le conseguenze che conosciamo; lo specchio si trasforma in una sorta di fotografia di Dorian, un’immagine immutata nel tempo, mentre il ritratto diventa il vero specchio (interpretazione strana, lo so, ma è così che ho sempre inteso le cose, da quando mi sono appassionato di fotografia). Richiami al tema dello specchio si trovano anche nelle opere di Borges, Philip K. Dick, Edogawa Ranpo, ecc. ecc. In ambito italiano non posso non citare Calvino, che con “Il visconte dimezzato” dà vita alla bizzarra figura di un intellettuale che viene colpito da una palla di cannone che lo divide, secondo una perfetta linea di demarcazione tra bene e male, in due metà speculari: il cattivo “Gramo” e il “Buono”. Solo dalla riunione delle due metà il protagonista potrà essere di nuovo completo.
Pare proprio che il cinema e la letteratura abbiano indagato finora prevalentemente la valenza negativa dello specchio, o perlomeno questa è la mia impressione; ma naturalmente sarei felice di essere smentito.