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Riflessioni su Ungaretti, la bellezza della vita e gli orrori della disumanità

Creato il 17 aprile 2013 da Lalenene @Irene_Marziali

Riflessioni su Ungaretti, la bellezza della vita e gli orrori della disumanitàSpero che vorrete perdonarmi per questo post, forse non proprio conforme all'usuale indirizzo degli articoli pubblicati nel nostro salottino.
I nostri visitatori più assidui sapranno ormai che manca poco più di un mese alla mia attesa e temuta Maturità, quindi i tempi stringono e le ore di studio si dilatano paurosamente. Anche se questo mi addolora molto, non ne rimangono per le consuete ricerche da cui scaturiscono i miei post. Mi auguro, quindi, che apprezzerete lo stesso i miei sforzi e che avrete pazienza, ma non ci abbandonerete.
Questa sera vi riporto una produzione che ho fatto per scuola sulla base della lettura di più poesie del poeta quasi-italiano Giuseppe Ungaretti . Fatemi sapere se troverete le riflessioni interessanti, come spero.

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Mariano il 15 luglio 1916

dell'uomo presente alla sua

Valloncello dell'Albero Isolato il 27 agosto 1916

Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917

Bosco di Courton luglio 1918

Tra un fiore colto e l'altro donato


In tutte le poesie di Ungaretti che ho avuto modo di leggere, ho ritrovato sempre gli stessi sentimenti, quelli più profondi dell'essere umano, straordinariamente vicini, anche se vissuti con intensità particolare, a quelli che ognuno di noi prova nella propria vita.
Questa è una delle grandezze di Ungaretti: che pur avendo vissuto esperienze che molti dei suoi lettori non possono neppure immaginare, pur scrivendo per esigenza personale e non con fine divulgativo, parla di amore, senso di infinito e immenso, sofferenza, debolezza, fragilità, fraternità e voglia di comunione con i propri simili; si pone domande ed esprime emozioni in cui tutti noi possiamo riconoscerci e trovare comprensione.

Riflessioni su Ungaretti, la bellezza della vita e gli orrori della disumanità

Se ci pensiamo bene, è davvero una capacità grandiosa da parte di un uomo dal suo passato estremamente difficile e segnante.
Egli inizia infatti a comporre le proprie poesie sul fronte italiano del Primo Conflitto Mondiale, in cui si è avvicinato e immerso spinto da sentimenti fortemente interventisti. Nonostante questo iniziale modo di vedere le cose, il mutamento, anzi capovolgimento di idee è quasi immediato quando vede la realtà della guerra come ce la presenta nelle sue poesie: non un'occasione di eroismo o esaltazione patriottica ma come evento tragico, inevitabile, che semina dolore abbattendosi e distruggendo ogni individuo ne sia inerme vittima, disumanizzandolo e stravolgendolo completamente quando lo lascia in vita.
Il poeta ci presenta, con il suo esprimersi diretto e toccante, la vita straziante del soldato di trincea, l'alienazione subita da uomini costretti a vivere costantemente accanto alla morte e in pericolo di morte, che possono risentire il profumo della libertà e della vita solo nel sogno, nell'immaginazione, nel ricordo di tempi passati perché le speranze sarebbero vano se riposte su un futuro che è appeso ad un filo, incerto come una foglia attaccata ad un ramo d'autunno.
La morte e la devastazione passano attraverso gli occhi di un soldato e arrivano alla sua anima più profonda, straziando il suo spirito e la sua personalità, cambiandolo tanto indelebilmente da renderlo per sempre diverso dagli altri, incompreso e incapace di comprendere.

Mi chiedo perché troppo spesso dimentichiamo tutta questa verità, che purtroppo anche oggi milioni di persone sono costretti a vivere sulla propria pelle, e ci facciamo condizionare dall'informazione nel credere che in fondo la guerra è normale amministrazione, almeno per alcuni paesi, o che in fondo se in un attentato o in uno scontro muoiono poche persone è mal di poco. La morte è sempre un'esperienza devastante, chiunque siano le vittime e chiunque siano i superstiti, dovunque si abbatta e per qualunque motivo si abbatta.
Riflessioni su Ungaretti, la bellezza della vita e gli orrori della disumanitàEppure l'uomo cerca sempre di reagire, anche in trincea, anche nelle situazioni di disperazione più nera in cui la propria identità e la propria vita diventano immagini sfuocate perché la vista ed il cuore sono intrisi di dolore e distruzione. Lo esprime bene Ungaretti quando ci fa conoscere i legami che nascono tra soldati, divenuti fratelli per combattere l'isolamento e la solitudine, per avere spalle a cui appoggiarsi nel sopportare quella tremenda vita-non-vita, e per darsi a vicenda uno spiraglio di umanità, una fiammella di sentimento che non faccia pietrificare il cuore, la capacità di sentire affetto e riceverlo.

Quante volte noi che viviamo una più o meno serena quotidianità, che vediamo scorrere le nostre giornate con piccoli dispiaceri e qualche vittoria ma senza grossi sconvolgimenti interni o esterni, ci fermiamo a pensare alla fortuna di cui possiamo godere e della preziosità di quei legami affettivi che, pur se imperfetti ci fanno sentire coccolati, compresi, non soli?

Per Ungaretti le parole sono sacre e nelle sue poesie brevi, fulminee ma profonde va alla minuziosa ricerca dei termini esatti che riescano ad esprimere realmente quello che ha dentro, così da tirar fuori da se stesso quei pesi emozionali e gettarli sulla pagina scritta per sentirne sollievo. I versi liberi, essenziali, assoluti e scarnificati da ogni elemento inutile ci riconducono al nostro sentire più primitivo, alla meditazione sui valori più importanti che dovrebbero alimentare il nostro vivere ed il nostro essere.

" Stando tra i morti non c'era tempo: bisognava dire delle parole decise, assolute, ecco allora la necessità di [...] ripulirsi della retorica, di non dire quello che non era necessario " ( Giuseppe Ungaretti)

E noi che peso diamo alle parole?

Ognuno di noi ha l'occasione di gettare le proprie sofferenze nei vuoti che l'autore lascia a nostra disposizione, ma ha anche la responsabilità di dar voce interiore a quegli stessi silenzi, negli spazi muti che imbiancano il ritmo sincopato della lettura.
E' una poesia che dev'essere interiorizzata, fatta propria ed elaborata lasciando che i nostri patimenti si accomunino a quelli dell'autore, così da gettarli insieme a lui sulla carta stampata e sentirne simile sollievo.

La lettura può essere una scorciatoia per riuscire a dar voce a ciò che sento dentro ma non riesco a spiegare, a razionalizzare ed esprimere all'esterno - o forse neppure a me stessa -. Questo è una delle ragioni più profonde ed importanti per cui la lettura è così fondamentale per me, nonché uno dei motivi per cui tutti dovrebbero avvicinarsi a questa attività che fa bene non solo alla mente ma anche allo spirito.
Con affetto,
Irene


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