di Angela Molteni
Alcuni aspetti della situazione italiana attuale hanno ampiamente superato, secondo me, i problemi acuti denunciati da Pasolini nel 1975. I fatti di Genova sono del 2001: nessuno ha avuto la forza sufficiente per contrastare quei comportamenti degni della dittatura cilena, e neppure per esercitare un ruolo attivo nel corso dei processi che hanno sancito sostanzialmente l’impunità al limite dell’illegalità di cui hanno goduto e godono tuttora le istituzioni repressive nel nostro Paese.
Se per “Genova 2001″ vi fosse stato un impegno maggiore da parte delle forze di sinistra – che pure in Italia esistono e pare anche in modo consistente – le risultanze di quelle azioni e di quei processi avrebbero avuto ben altro esito.
E mi chiedo anche, richiamandomi ancora a Pier Paolo Pasolini, se “i cittadini italiani” siano ancora in grado di “volere consapevolmente sapere”, poiché molti “sanno” e tacciono, quando addirittura non condividono – vedi il sostanziale appoggio che, almeno nei sondaggi, viene attribuito al governo Monti. E questo, nel nostro Paese è un aspetto più inquietante di altri…
La connivenza con il Vaticano è in atto da sempre, prima, durante e dopo il fascismo, malgrado la Resistenza che ha abbattuto il regime fascista ma non ha mutato la struttura dello Stato né ha impedito la sopravvivenza a tutti i livelli, e ovviamente anche a quello istituzionale, di tutti quei personaggi poliltici e non che hanno appestato la scena pubblica anche dopo la Liberazione e la proclamazione della Repubblica. Nessun governo e nessuna opposizione ha mai messo un freno allo strapotere vaticano, anzi; e neppure c’è stata l’impressione di volerci riflettere, almeno a sinistra per porvi un qualsiasi rimedio. Ed è anche da dire che quella della “connivenza e convivenza” col Vaticano è una palla al piede che incide anche, e fortemente, sulle questioni economiche che martoriano i cittadini italiani, escluse le fasce più abbienti e, appunto, determinano la funzione di “sanguisuga” del Vaticano.
Che il quadro politico sia disastroso è un fatto certo, ma occorre chiedersi anche quali siano le responsabilità. E chiedersi anche se il peso dell’astensionismo possa essere totalmente ribaltato se soltanto vi fosse, a sinistra, la volontà politica di rinuciare a egemonie insensate che non producono altro che ulteriore astensionismo, con una “disaffezione al voto” che ha una sua profonda ragione d’essere se solo si considera quanto le forze politiche che si richiamano non istituzionalmente alla sinistra siano tra loro polverizzate in mille sigle e in mille progetti che di sinistra hanno poco o niente, ma che dedicano la propria opera soltanto alla difesa di singoli e malcoltivati “orticelli”.
L’unica via, infatti, per ricostruire una sinistra credibile sarebbe che tutti coloro che hanno un progetto politico funzionale a una politica di reale progresso per le grandi masse popolari, concordassero un programma anche minimo di intervento, da esercitare anche e soprattutto come opposizione unitaria nel Paese e nel Parlamento.
Un progresso che, come primo obiettivo, dovrebbe avere quello di eliminare le diseguaglianze macroscopiche che chi sta al governo ha costruito (sulla testa anche di moltissimi italiani consenzienti) negli ultimi decenni con la connivenza o (nel migliore dei casi) il silenzio della cosiddetta sinistra parlamentare. Dico “cosiddetta” poiché una tale sinistra di fatto non è più esistita dagli anni settanta in poi, salvo qualche “sprazzo” che certamente non può fare testo.
Senza unità di intenti e di azione non vedo la possibilità di mutare le cose in questo disgraziatissimo Paese che è il mio, il nostro.
In una recente intervista a Franca Rame su il Manifesto a proposito del film Romanzo di una strage di Tullio Giordana, Franca Rame ricorda Pietro Valpreda, l’amicizia, la vicinanza, i momenti difficili vissuti vicino a lui accusato ingiustamente della strage di Piazza Fontana del 1969, dice la Rame nell’intervista “siamo certi siano passati quei momenti? Tira una brutta aria in questo Paese”. Tira una brutta aria sì, anzi una bruttissima aria. Il potere dagl’anni 70 a oggi infondo è sempre lo stesso. La connivenza di apparato statale e apparato mafioso non è mai cessato. La polizia, diretto strumento del potere, ieri, come oggi, usa forza e violenza, se come ricorda la Rame: “le cariche della polizia, le manganellate, gli arresti… e possiamo dirlo, in questura si sentivano le urla degli interrogati. C’è chi le ha pure registrate.” Se, appunto questo avveniva nei cosiddetti anni di piombo, oggi abbiamo le cariche della polizia fuori dalle fabbriche su gli operai che protestano perché licenziati e senza lavoro, questo avviene oggi vicino a Milano,nella cittadina di Basiano, come avviene oggi che De Gennaro il macellaio che ha dato ordini cileni durante il G8 di Genova nel 2001 venga assolto per insufficenza di prove e si ritrovi come sottosegretario dell’attuale governo Monti.
La politica e i partiti oramai vivono una sorta di afasico sgretolamento, il tessuto sociale a sua volta è strozzato da decenni di malgoverno e corruzione, “ il merito, la crescita” come dice Milena Gabanelli “ noi ancora che ci crediamo”. La perdita di valori e di fiducia è alta, che Beppe Grillo con il suo urlo da palco e da piazza sembra raccogliere questa discesa agl’inferi di un Italia oramai stremata da una mala-democrazia decennale.
Le analisi profetiche del corsaro Pier Paolo Pasolini oggi mancano proprio di quella speranza, di quell’Italia pulita che lui vedeva nella forza del Partito Comunista, quella speranza, quella forza oggi non c’è più. La sinistra è altrettanto dilaniata, con fratture e rotture in mille pezzi, uno specchio rotto. Certo c’è da dire, che la democrazia cristiana di destra quella Andreottiana insieme ai servizi segreti hanno dato una bella mano già dai tempi del dopoguerra, alla rottura dello specchio di quest’Italia migliore che ha vissuto il suo momento massimo, il suo picco, proprio con Enrico Berlinguer, raccogliendo all’epoca ben il 38% dei consensi degli Italiani.
C’è da dire inoltre che il consumismo ha livellato corpi, culture, moralità, senso politico e sociale dell’ Italiano. Non esiste una reale cultura se non quella di mercato che detiene le nostre vite.
Inoltre la degenerazione oltre che politica e sociale è anche culturale. Non ci sono più figure di intellettuali come un Pasolini, un Moravia, un Gadda o una Morante, se non un premio Nobel in vita Fo/Rame che in maniera immeritata non ha la giusta e dovuta risonanza. Basti pensare che Dario Fo ha potuto varcare le porte di Palazzo Reale a Milano con la sua mostra grazie alla nuova giunta milanese Pisapia come se dal lontano 1997 anno in cui la coppia Fo/Rame vinsero il Nobel della letteratura fossero due alieni extra-territoriali.
Ma quello che c’è da chiedersi non è solo il cattivissimo momento che si sta vivendo, quello che c’è da chiedersi è che i governi italiani in questi 50’ anni non son stato altro che la cassa di risonanza della popolazione italiana. E se ora la corda sembra stringersi intorno al collo di una collettività incosciente in parte, stanca e delusa, c’è anche da chiedersi perché gli italiani hanno acconsentito e convissuto con dinamiche non meritocratiche e mafiose. Perché gli italiani hanno paura di avere una consapevolezza politica, sociale, e morale. E soprattutto perché gli italiani non domandano verità, non chiedono giustizia di fronte alla continua umiliazione in quanto popolo “non sovrano” ma suddito, prima di un potere clerico-fascista rappresentato dalla Democrazia Cristiana e poi da quel finto benessere rappresentato dalla dittatura capitalistica incarnata in Silvio Berlusconi.
In un epoca di personalismi, dove le accelerazioni del capitalismo e del consumo non hanno fatto che modellare coscienze e corpi edonistici, con un ego/egoismo al centro di sé e del mondo, c’è infine da chiedersi, se si vuole e c’è una reale volontà di una coscienza collettiva forte e unita, politica e sociale, capace di rispondere e di salvare le sorti di un Italia pronta alla morte. Perché l’Italia non s’è desta, ma sta pian piano morendo.
Share this:
- Digg
- Stampa