Sontuosamente il Trono di Spade (Game of Thrones) è tornato sulle scene di HBO con la terza stagione attualmente in corso: dieci puntate che il pubblico nostrano può gustare su Sky Cinema in una cavalcata furiosa per recuperare il distacco temporale dall’America (dove Game of Thrones è cominciato un mese fa).
Game of Thrones è una serie fantasy ispirata e fedele al ciclo di romanzi fantasy “Cronache del ghiaccio e del fuoco”(A Song of Ice and Fire) di George R. R. Martin. L’adattamento televisivo è stato curato dallo stesso Martin che non ha voluto una resa cinematografica, insufficiente a dare conto di tutta la lunga trama dei romanzi finora scritti.
La serie si affida ai cliché del genere fantasy puro in stile “Signore degli anelli”: protagonista un reame medioevale (più vicino alla realtà di quello Tolkeniano), oggetto delle brame di sette casate nobiliari, rappresentate da sette diversi animali impressi nei rispettivi stendardi. Alla morte del re Baratheon, salito al potere rovesciando il precedente Re Targaryen ritenuto folle, i sette regni di cui è composto il reame cercano di prendere il sopravvento l’uno sull’altro per impossessarsi del Trono di Spade, simbolo del dominio sui sette regni. Ma all’orizzonte ben altre minacce attendono il reame: all’estremo nord, oltre una Barriera che assomiglia molto al Vallo di Adriano scozzese, un esercito di bruti e di morti viventi minaccia, inascoltato, le terre del sud. Dall’altra parte del mare stretto, la figlia del re
Sono le premesse di un classico fantasy e di un successo telefilmico, che ha vantato nella prima stagione attori di attori di calibro fra i quali, e non a caso, Sean Bean, quel Boromir del Signore degli Anelli, che funge da ideale collegamento fra il grande capolavoro fantasy cinematografico e la serie tv.
Il giudizio
Il Trono di Spade, ingiustamente accusato di volgarità per le diverse scene di nudo che in esso vi compaiono (al pari di altre celebri serie ambientate nel passato, come Roma e Spartacus o i Borgia), è in realtà una serie intelligente e curatissima, ben recitata da attori non particolarmente famosi o conosciuti al grande pubblico. In particolare, è interessante l’elemento narrativo che racchiude in sé elementi prettamente fantasy e favolistici come i Draghi, ad aspetti più strettamente legati alla realtà medioevali (le casate, i giuramenti di fedeltà, gli stili di vita) e diversi elementi di novità (quali il tema dell’incesto, i riferimenti al Monoteismo “sacrificale”, la presenza dei Morti viventi al di là della Barriera).
Tutti i personaggi bramano infatti il Trono di Spade come si bramava l’Unico Anello di Tolkien. E più le casate si avvicinano ad ottenerlo, più sono prede della brama di maggior potere e violenza, come se quel trono condensasse una magia negativa invisibile, che si chiama Avidità.
La piccola Daenerys Targaryen, nel suo lungo cammino di vendetta verso il Trono, in compagnia di 3 draghi addomesticati e
letali e di un esercito di combattenti raccolto nel tempo, rappresenta il pellegrinaggio dell’animo umano verso il successo: dapprima bambina inconsapevole, Daenerys si libererà del fratello oppressivo, conoscerà l’amore con un rude guerriero (poi morto) e imporrà la sua volontà attraverso la minaccia dei draghi, mirando all’eliminazione di ogni forma di schiavitù altrui. Un
Non a caso durante tutte e tre le stagioni si ripete incessantemente che “L’Inverno sta arrivando”, intendendo l’arrivo della sopraffrazione del Male sul Bene, della lotta sul buon senso.
Ecco quindi che il trono di Spade è forse una terribile metafora dei nostri tempi, divorati dal desiderio di imporsi sugli altri alle spese di tutti; un tempo dove si ambisce a godere di un trono di rispettabilità imposto con la paura e la sopraffazione, dove i valori positivi sono messi al bando o rilegati lontano, oltre la Barriera dove la figura dell’incompreso Jon Snow, e di Daenerys Targaryen aspettano di crescere, combattono le loro battaglie giuste, senza favori o riconoscimenti, silenti combattenti in attesa del Potere, sempre che esso non li divori, una volta ottenuto durante un lungo freddo Inverno dell’anima.
Written by Antonio Mazzuca