Si torna a parlare di riforma del catasto, dopo l’improvviso stop intercorso nello scorso mese di giugno, quando il percorso di riforma pareva avviato verso il completamento. Il testo del decreto attuativo principale sulla riforma del catasto, quello, per intenderci, che avrebbe dovuto svelare l’algoritmo utilizzato per ricalcolare le rendite catastali degli immobili degli italiani, si era arenato proprio in quella circostanza, prima di passare il vaglio dell’esame del consiglio dei ministri Consiglio dei Ministri.
Ora il tema torna sotto i riflettori grazie alle esternazioni dei costruttori: se la riforma del catasto “non viene indirizzata a correggere le sperequazioni delle rendite, senza incidere ulteriormente sul carico fiscale, potrebbe tradursi in una sovrastima dei valori catastali, soprattutto per i nuovi fabbricati già sopravvalutati, con il conseguente aumento dei valori imponibili”. Ad evidenziare ciò è proprio l’ANCE (l’associazione dei costruttori edili) nel corso di un’audizione in Commissione Finanze della Camera.
Secondo l’Associazione, un incremento non controllato dei valori catastali avrebbe effetti devastanti, poiché si tradurrebbe in un a radicale impennata della tassazione sugli immobili. Diventa pertanto indifferibile effettuare l’azione da più parti suggerita (a gran voce): ovverosia dare attuazione al principio di invarianza di gettito.
Per un altro punto di vista interessante in materia leggi la nostra intervista al presidente del Consiglio nazionale Geometri Maurizio Savoncelli intitolata La riforma del catasto ha senso solo se parte dai cittadini.
“Nelle more dell’approvazione dei nuovi valori catastali, che saranno posti a base del prelievo, occorre pervenire ad un riordino del sistema di tassazione degli immobili che riporti il peso fiscale a livelli accettabili”, prosegue l’ANCE. “Con questa necessaria premessa, il principio di invarianza dovrà essere garantito sia per le nuove costruzioni e gli edifici riqualificati, sia per i fabbricati usati, già accatastati. Tenuto conto, quindi, che la riforma del catasto comporterà un generalizzato aumento dei valori immobiliari il principio dell’invarianza di gettito si potrà realizzare – concludono i costruttori – solo riducendo in modo adeguato tutte le aliquote d’imposta, in un’ottica di maggior equità dell’imposizione, funzionale al reale valore di mercato dei fabbricati”.
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A parere dei costruttori il proposito del Governo di ridurre la tassazione sulla casa è “non solo opportuna ma assolutamente necessaria”. Osservando i dati OCSE, in Italia il prelievo fiscale sulla proprietà immobiliare è tra i più alti in Europa: è pari a circa l’1,5% del Pil contro una media europea dell’1,1% (con le sole Francia e Regno Unito a superare il Belpaese).
Sul tema della riforma del catasto interviene anche il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi: a suo parere la mancata riforma del catasto è stata “un’occasione persa”. Secondo la numero uno delle Entrate, intervenuta nel corso di una audizione parlamentare, la riforma costituisce “una operazione importante che non è detto sia accantonata. Abbiamo lavorato e il lavoro non è perduto, perché c’è stato un riallineamento delle banche dati”.
La riforma del catasto era inserita nella legge delega di riforma fiscale, ma – nonostante le richieste di revisione fossero arrivate anche da Bruxelles – il governo ha deciso nello scorso giugno per un rinvio, probabilmente anche in vista dell’abolizione della TASI e dell’IMU agricola prevista nella Legge di Stabilità in via di approvazione. “Abbiamo fatto due anni di lavori preparatori che comunque saranno utili – ha sottolineato Orlandi – perché ci hanno permesso la bonifica e il riallineamento di tutti i dati. Noi eravamo pronti, avevamo presentato dei progetti. Avevamo preparato tutti gli elementi perché il legislatore potesse prendere le sue decisioni ma per il momento c’è stato questo accantonamento, la delega è scaduta e non sappiamo se il Parlamento o il governo presenteranno una iniziativa legislativa che ne permetta la ripresa”.
A margine di questi due interventi è d’uopo citare anche i dati relativi alla pressione fiscale che grava sul possesso di immobili in questo momento: l’ANCE ha calcolato che, in soli tre anni, tale pressione è aumentata del 143,5% passando dai 9,8 miliardi di euro del 2011, quando era in vigore l’ICI, ai 23,9 miliardi del combinato disposto IMU-TASI in vigore nel 2014.
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