Ex Province. Desta molti dubbi il disegno di legge che dovrebbe trasformare gli enti in Liberi Consorzi.
Liberi consorzi, altri 5 mesi di commissariamenti e poca chiarezza sul processo di riforma. Ad un anno e mezzo di distanza dalla fine dell’amministrazione di Eugenio D’Orsi e dopo un lunghissimo periodo di “ibernazione”, dalla Giunta regionale è arrivato il disegno di legge che dovrebbe trasformare le ex Province che come primo effetto avrà quello di prolungare i commissari, in scadenza il prossimo 30 ottobre fino a marzo 2015.
Il decreto è però per molti incompleto, perché se da un lato individua ad esempio le nuove funzioni aggiuntive dei Consorzi (ad esempio la pianificazione territoriale e urbanistica e la formazione professionale) non indica le fonti di finanziamento, così come non offre piena certezza ai dipendenti, dato che se da un lato dovrebbe consentire la prosecuzione dei contratti dei precari, dall’altra “precarizza” la situazione dei lavoratori a tempo indeterminato.
“I dubbi che lascia questa proposta sono molti – spiega Floriana Russo, Cisl Fp – e come sindacato confidiamo che si possa ripartire dalla riforma Delrio. Tra i punti di criticità vi è ad esempio quella del cosiddetto ‘bacino unico’ in cui dovranno andare a confluire i dipendenti, e nonostante le rassicurazioni offerte dall’assessore Valenti noi sappiamo già che un sistema di questo tipo non ha funzionato dove è stato usato in passato. Inoltre – conclude – se l’annunciata revisione della struttura organica dei nuovi consorzi consentirebbe la prosecuzione dei contratti, la mobilità su scala regionale crea incertezza tra i lavoratori e, paradossalmente, allarga il precariato”.
“Doveva essere una rivoluzione – spiega Luigi Danile, Uil Fp – e invece si è trasformata in un grande limbo in cui sono precipitati lavoratori ed enti. Come sindacato regionale abbiamo chiesto un incontro con i gruppi parlamentari perché è evidente che una decisione debba essere presa rispetto alla riforma. Il rischio attualmente è che si proceda con un cambiamento a metà che non prenda conto della situazione nazionale e del processo di modifica anche di altri enti, come quella che riguarderà i comuni di piccole dimensioni”.
“I potenziali rischi di questa riforma sono numerosi – spiega infine Alfonso Buscemi, Cgil Fp -. Uno fra questi è il potenziale condizionamento politico rispetto alla formazione ad esempio delle città metropolitane, dove si potrebbero portare avanti ragionamenti di esclusione o inclusione per così dire pilotati. Vi è poi la questione delle competenze: è evidente che assegnare ai comuni compiti aggiuntivi a quelli che attualmente svolgono senza prevedere la copertura economica aggiuntiva non può che portare al deficit degli enti”.
Gioacchino Schicchi de La Sicilia