di Matteo Boldrini
Nelle ultime settimane uno degli argomenti più trattati è stato senza dubbio quello della riforma elettorale, riforma che sembra tanto difficile quanto necessaria.
La legge elettorale del 2005, pur senza entrare nel merito dell’ammissibilità di un premio di maggioranza così alto e senza una soglia minima, presenta numerosi difetti e numerosi elementi che devono assolutamente essere modificati. Uno degli aspetti più criticati dell’attuale normativa sono le lunghe liste bloccate che impediscono la scelta da parte dei cittadini dei propri parlamentari e che consentono ai partiti e ai leader politici di “imboscare” candidati sgraditi all’elettorato all’interno di una lista lunga trenta o quaranta nomi. Se a questo poi ci aggiungiamo la possibilità di candidature multiple in circoscrizioni diverse e la possibilità di scegliere successivamente al voto in quale venire eletti si vede come la possibilità di scegliere, o di non scegliere i deputati e senatori preferiti, viene messa seriamente in dubbio. Diventa quindi necessario introdurre un metodo che permetta ai cittadini di scegliersi i propri eletti.
foto toscanaoggi.it
All’interno del dibattito pubblico si parla sempre più spesso della reintroduzione del meccanismo delle preferenze per risolvere questo problema, meccanismo che in Italia è rimasto in vigore fino ai primi anni Novanta. Il sistema delle preferenze è molto semplice, esso consente all’elettore di esprimere un voto aggiuntivo (i cosiddetti voti di preferenza), scrivendo il nome di un candidato appartenente ad una determinata lista, quando si andranno a determinare gli eletti di ogni lista si andrà a selezionare il candidato che ha ottenuto il numero di preferenze più alto, e così via. In Italia è stato usato intensivamente durante la Prima Repubblica, quando addirittura le preferenze erano tre, e viene tuttora utilizzato nel sistema elettorale dei comuni e di certi consigli regionali. Questo meccanismo incontra crescenti sostenitori, sia nel personale politico che nell’opinione pubblica, ed è spesso ritenuto tra i sistemi migliori per garantire la scelta ed il controllo dell’elettorato sui candidati, nonostante i dubbi e le critiche sollevati da numerosi politologi e giuristi.
Le preferenze hanno infatti numerosi difetti, spesso oscurati dal clima d’opinione favorevole nei loro confronti. I difetti principali sono numerosi e sono sia di ordine ideale che di ordine pratico. Da una parte la selezione dei candidati attraverso le preferenze è stata per lungo tempo, e molto spesso lo è ancora, lo strumento principale con cui si è concretizzato il voto di scambio ed il clientelismo tra i candidati e l’elettorato. Inoltre venivano utilizzate, soprattutto dalla Democrazia Cristiana, per pesare la forza dei candidati appartenenti alle varie correnti, facendole diventare uno scontro interno al partito. Questo è ricollegabile ad un altro difetto enorme che questo sistema si porta dietro, e cioè una competizione tra i candidati rivolta tutta verso l’interno. Per gli esponenti in lista si rivelerà più produttivo cercare di convincere gli elettori del proprio vicino di lista invece che quelli di altri partiti, con grave danno della qualità del sistema democratico e il non secondario effetto della lievitazione dei costi delle campagne elettorali. Inoltre, di fondamentale importanza è il basso tasso di preferenza che viene utilizzato dall’elettorato. Sebbene non valga per tutto il territorio nazionale, il tasso di preferenza al Sud è decisamente maggiore, zona dove tra l’altro viene fatto anche maggior uso del voto di scambio, e solo un 20-30% dell’elettorato esprime questo tipo di voto. Si vieni quindi a creare una soluzione paradossale, dove i candidati eletti sono stati scelti da una minoranza non solo dell’elettorato in generale, ma anche degli che ha scelto quella determinata lista. A questo si aggiunge la possibilità che il voto di preferenza di un determinato elettore sia totalmente inutile in quanto espresso a favore di un candidato perdente, tuttavia il voto di lista ad esso collegato sia funzionale all’elezione di un altro candidato magari sgradito.
È evidente dunque, che il sistema delle preferenze sia portatore di numerosi difetti e, nonostante possa funzionare più o meno bene in realtà piccole come i comuni, non sia adatto a livelli più grandi come la politica nazionale. Un sistema analogo che gli potrebbe essere preferito è quello delle primarie per i candidati inseriti nelle varie liste. Le primarie possiedono anch’esse numerosi difetti, ma hanno l’innegabile pregio di separare i momenti della competizione, con il vantaggio che una volta si compete per i candidati da inserire in lista, la seconda per riuscire a farli eleggere. In questo modo al secondo turno tutti i candidati cercheranno di ampliare i consensi della propria lista, cercando di sottrarli alle altre, mentre ogni singolo elettore è in grado di decidere liberamente se accettare o no la lista dei candidati in base alle persone che vi sono inserite.
Non esiste un metodo di selezione delle candidature che sia perfetto in assoluto, con i suoi vantaggi e svantaggi, il problema deve essere solo approcciato in maniera realistica, valutando tutti i reali pregi dei sistemi. Certo è, che forse in un sistema che prevede liste bloccate di quaranta nomi e possibilità indefinita di pluricandidature, è difficile trovare lati positivi.
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