Riforma Pensioni: pensionamenti flessibili?

Da Pukos
La proposta di legge a firma Damiano mira a reintrodurre sostanzialmente la pensione di anzianità abolita dalla Riforma Fornero nel 2011. La proposta introduce un sistema di penalità e premialità tra i 62 e i 70 anni di età. Tra le varie novità in materia previdenziale che torneranno in discussione in occasione della prossima legge di stabilità c’è quella legata all’introduzione dei tanto annunciati pensionamenti flessibili. La riforma si basa sulla proposta di legge (pdl 857) presentata il 30 aprile 2013 alla Camera dei Deputati firmata, tra l’altro, dagli onorevoli Damiano, Baretta e Gnecchi e viene rilanciata oggi dall’area di minoranza del Partito Democratico come strumento “strutturale” per garantire maggiore flessibilità in uscita.

Va detto che si tratta di una soluzione simile alla vecchia pensione di anzianità (che prevedeva il raggiungimento di un quorum tra anzianità contributiva ed età anagrafica) dalla quale tuttavia si differenzia per la presenza di un meccanismo di penalità e premialità: piu’ si anticipa l’uscita maggiore sarà la decurtazione che il lavoratore subisce sulla rendita previdenziale. Il taglio si arresta all’età di 66 anni e al di sopra di questo valore – per chi riesce a rimanere sul posto di lavoro – si matura una pensione piu’ succulenta. Vediamo più da vicino di che cosa si tratta.

In pensione a 62 anni e 35 di contributi – La proposta di legge prevede che le lavoratrici e lavoratori (pubblici, privati ed autonomi) che hanno raggiunto i 62 anni di età che abbiano maturato un’ anzianità contributiva di almeno 35 anni, possono accedere a forme di pensionamento flessibili sempre che l’importo dell’assegno pensionistico, secondo l’ordinamento previdenziale di appartenenza, sia pari ad almeno 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale.

Nel documento si specifica anche che per la determinazione dell’importo della pensione si consideri l’importo massimo conseguibile, secondo l’ordinamento previdenziale di appartenenza, e si applichi una riduzione o una maggiorazione sulla quota di trattamento pensionistico calcolata con il sistema retributivo a seconda che l’età del pensionando sia inferiore o superiore ai 66 anni (ed in funzione dei contributi versati).

Le penalità e la premiazione – In pratica viene previsto un sistema di penalizzazioni e di premialità a seconda se il lavoratore scelga di cessare l’attività lavorativa prima dei 66 anni o dopo 66 anni entro comunque un range che va dai 62 anni ai 70 anni. Il taglio massimo sull’importo pensionistico è pari all’8% per cento per i lavoratori che decidono di uscire con 62 anni e 35 di contributi e man mano si riduce del 2 % l’anno fino ad annullarsi all’età di 66 anni. Analogamente, qualora il lavoratore decidesse di rimanere sul posto di lavoro oltre i 66 anni subirebbe un incremento dell’assegno pensionistico del 2% l’anno sino ai 70 anni. Pertanto il beneficio massimo conseguibile sarà dell’ 8% per cento in corrispondenza dei settant’anni.
Le penalizzazioni e le premialità si applicano sulle anzianità maturate con il sistema retributivo (dunque sulle anzianità maturate sino al 31.12.2011 per chi era nel sistema misto o sino al 31.12.95 per chi ne era rimasto escluso).

Fonte: pensionioggi.


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