Oggi avevo in mente di riprendere con la serie di post sulla revisione, infatti avevo cominciato a scriverne uno, quando mi sono resa conto che avevo voglia di raccontarvi altro, di natura più personale.
Tutto nasce dal fatto che quest'estate, terminato un romanzo, ho pensato di non buttarmi subito a capofitto su un altro progetto di scrittura, ma di riprendere in mano il romanzo finito due anni fa per dargli un'aggiustatina. Ho aperto il file e... sorpresa! Altro che aggiustatina, avevo quasi voglia di riscriverlo interamente. Mi sono messa le mani nei capelli e ho provato un certo sconforto. Non che mi saltassero all'occhio grossi errori o che la storia non filasse, ma lo stile non mi sembrava più il mio.
La cosa mi ha un po' mandato in crisi, soprattutto se penso che quel romanzo era completato, revisionato ed era stato persino spedito ad alcuni editori (una decina in tutto). Considerando, però, che nessuno di loro si è mai fatto vivo, l'esigenza di rimettere le mani su questa storia si è trasformata subito in realtà e ho cominciato da poche settimane a lavorarci, analizzandola a fondo per capire come migliorarla. Resto abbastanza sicura in linea di massima della trama e dei personaggi, ma le possibilità di editing sono tante.
Le modifiche che sto facendo non sono radicali, per fortuna, ma riflettono qualcosa che mi ha dato molto da pensare. Possibile che da due anni in qua, io abbia cambiato così tanto il mio modo di vedere la scrittura? Possibile che quel testo ora mi sembri scritto da un'altra persona, che ai miei occhi sia terribilmente infantile e immaturo? Mi sono persino vergognata all'idea di averlo inviato ad alcuni editori, augurandomi che non lo abbiano mai letto!
Eppure, il dato di fatto è che l'esperienza fatta in questi due anni con l'altro romanzo, le tante cose scritte su questo blog e lette su altri, il confronto con vari scrittori, le letture fatte in modo più consapevole, e così via, hanno contato moltissimo. E di tutto questo non me ne ero resa conto finché non ho aperto il file e mi sono detta: "Ma questo chi l'ha scritto? Scrivevo così male?".
La stessa cosa mi è accaduta anche con il primo romanzo pubblicato, scritto circa sei anni fa. Anche in questo caso della storia non cambierei nulla (forse), ma quando mi è capitato di sfogliarlo, sono stata tentata di metterci le mani, per valorizzare delle parti, approfondirne altre, cambiare lo stile, correggere qua e là. Questo bisogno lo terrò a freno, perché c'è un contratto che mi impone di lasciare il testo così com'è, ma la sensazione è forte: non lo riconosco più.
La distanza che mettiamo tra noi e quello che abbiamo scritto in passato è qualcosa di bizzarro, come se a un certo punto un testo non ci appartenesse più. Dopo tutto è anche per questo che si raccomanda di revisionare dopo aver lasciato passare parecchio tempo, per assumere un punto di vista disincantato e obiettivo.
Guardando al positivo, devo dire che la sicurezza che provo nell'affrontare quest'attuale revisione è impagabile, come se l'esperienza e lo studio si siano trasformate in un certo "fiuto" nel capire al volo se qualcosa suona o no, se c'è da arricchire o tagliare, se devo soffermarmi o sorvolare. Insomma, sono grata di avere la possibilità di mettere a frutto quello che ho appreso nel tempo.
Ma mi chiedo se sarà così anche in futuro. Mi guarderò indietro e continuerò a provare le stesse spiacevoli impressioni con i testi del passato? Ciò che oggi mi sembra abbastanza buono, domani mi sembrerà da rifare?
Insomma, siamo condannati a rimettere le mani sui testi scritti in tempi più o meno lontani, perché eternamente insoddisfatti di quanto abbiamo creato?
Il tempo passa, noi cambiamo il nostro modo di vedere le cose e cambia anche la nostra scrittura, si spera in meglio. Ma la sensazione di non riconoscersi non è affatto bella.
Voi l'avete mai vissuta? E come la affrontate?