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Rilettura riscrittura, il mio metodo di lavoro

Da Marcofre

Il bello del leggere il metodo di lavoro degli altri (in questo caso Stephen King), è che comprendi in fretta che è necessario imporsi (o darsi?) un metodo di lavoro.
Non tanto sulla scrittura, ma sulle fasi successive: rilettura, riscrittura.

Per questo mi sono deciso a adottare questa strategia: non so quale possa essere il suo senso (sarà utile?), ma al momento mi pare decente.

Lascio decantare per qualche settimana il racconto. Questo è il cardine di tutto il lavoro. Che sia lungo 8 pagine, o 80 oppure 800 deve essere lasciato solo.
Bene, poi ricomincio a farci amicizia, però in maniera diversa.

Evidenzio ogni paragrafo, e lo rileggo per 5 minuti.

 

Rilettura riscrittura, il mio metodo di lavoro

 

Lo scopo: scovare errori, ripetizioni, espressioni strampalate. Il ritmo, la musicalità: se per esempio ho scritto

 

Pietro pensava di poter riuscire a venirne a capo

appare evidente che esiste un problema, e forse più di uno. Troppe “p”, e soprattutto una frase lunga, un numero eccessivo di parole. Leggendola, si arriva a metà e si sente la fatica, il fiato che manca, giusto?
Se puoi dirlo con 2 parole invece che con 4, cosa aspetti?

L’ideale sarebbe ottenere paragrafi in grado di cantare. A me basta che non prendano stecche.

Fase successiva: prendere nota delle modifiche da apportare grazie alla funzione “Commento”; proseguire senza riscrivere. Una faccenda lunga vero? Ma questa non è una tappa a cronometro del Giro d’Italia, e la rapidità non è il migliore alleato di chi scrive.

La riscrittura prenderà avvio solo al termine della rilettura completa del racconto breve (5 minuti per ogni paragrafo: sarà sufficiente oppure è poco?).
Ancora un paio di riletture dei paragrafi con i commenti (per capire come suona prima e dopo).

A questo punto, bisturi, o cesello; no ascia. L’amorevole ascia che tutto tronca, maciulla.

Cercherò di capire se è un metodo valido (per me), oppure no. Se qualcuno ha altri consigli, si faccia avanti.


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