Ricostruiti a verbale tutti i passaggi tecnici della contestatissima nomina di Marcella Crivellenti, acquisito il contratto
CAGLIARI. La domanda di Marcella Crivellenti non c’era, il nome è saltato fuori così, su indicazione personale di
Massimo Zedda. I 44 curricula dei candidati alla sovrintendenza del teatro lirico sono rimasti in un cassetto, chiusi
nelle buste sigillate, perché il sindaco sapeva già a chi sarebbe andata l’ambitissima poltrona da 120 mila euro
l’anno. Ma se non c’era un voto favorevole esplicito da parte dei consiglieri di amministrazione che avallasse la
scelta, c’era una fiducia che in qualche modo dava il via libera. Quasi quattro ore davanti al pm Giangiacomo Pilia,
il sindaco-presidente della Fondazione ha risposto a tutte le domande e ha fatto mettere a verbale alcuni nomi di
testimoni che dovrebbero confermare la sua ricostruzione dei fatti. La ricostruzione di un pasticcio che gli è costato
finora l’iscrizione al registro degli indagati con le accuse di falso in atti pubblici e abuso d’ufficio, un intero teatro
che lo guarda in cagnesco e un’incertezza palpabile sul futuro della massima istituzione musicale della Sardegna,
travolta e sconvolta da polemiche, battaglie sindacali, esposti, denunce e proteste annunciate.
Zedda è stato di parola: aveva detto che si sarebbe presentato in Procura senza attendere l’invito a comparire e l’ha
fatto puntualmente, alle dieci del mattino, accompagnato dai difensori Giuseppe Macciotta e Fabio Pili. Un
colloquio fitto, interrotto soltanto per acquisire il contratto della Crivellenti, nel quale il pm Pilia ha messo sul
tavolo l’ampia documentazione prodotta dagli autori dei tre esposti, i sindacalisti interni al Lirico, attraverso
l’avvocato Renato Chiesa. Si è parlato a lungo dei due verbali incriminati, quelli del primo e del 15 ottobre 2012,
sui quali è maturato lo strappo definitivo coi consiglieri Oscar Serci, Felicetto Contu e Gualtiero Cualbu. Pilia ha
chiesto spiegazioni anche sulle ultime sedute del consiglio di amministrazione in cui è avvenuta la contestatissima
sostituzione del consigliere Giorgio Baggiani, ancora prima che si insediasse, con il fotografo Corrado Cabras. Se
quel passaggio di consegne è stato legittimo dovrebbe stabilirlo il Tar il prossimo 13 febbraio, ma intanto anche il
pubblico ministero ha voluto vederci chiaro. I fatti sono accertati punto per punto, è tutto sui documenti e nei
verbali dei testimoni d’accusa e difesa. Si tratta – è questo il compito del magistrato – di leggerli in rapporto alle
norme del codice penale, che per «vestire» l’accusa in funzione di un giudizio prevede l’accertamento del dolo
intenzionale. Come dire la volontà precisa di raggiungere un risultato, in questo caso la nomina della Crivellenti,
andando oltre la legge. Zedda ha sicuramente creato le condizioni per contare su un consiglio di amministrazione
che stesse dalla sua parte: ha silurato senza alcuna motivazione Baggiani e ha chiamato Cabras, cugino del
rappresentante in Cda del comune Cristiano Cincotti. Qui è apparsa chiara la volontà di chiudere l’operazione
Crivellenti, ma non è detto che questa scelta di forza integri un abuso d’ufficio. Reato complesso, che si basa su una
doppia violazione di legge: l’ipotesi accusatoria è che Zedda abbia ignorato la manifestazione d’interesse da lui
stesso promossa e realizzata, violando le norme che regolano i bandi pubblici. Per assegnare un vantaggio, che
dev’essere patrimoniale e qui lo sarebbe, alla Crivellenti. In fin dei conti la vicenda processuale è tutta qui, perché
alla luce delle testimonianze, soprattutto di quella resa da Contu («sì, la fiducia che gli abbiamo dato corrisponde a
un voto») l’ipotesi di falso sembrerebbe ormai abbandonata.
I prossimi passi dell’inchiesta saranno quelli annunciati: l’esame – ancora non si sa in quale veste – del segretario
del Cda Gianni Lai. Poi, ora è certo, i rappresentanti del ministero dei Beni Culturali. Mauro Lissia
LA NUOVA SARDEGNA