Rinnovabili Italia Serbia: c’è (troppo) fermento

Creato il 02 febbraio 2013 da Lucia Navone @lucia_navone

Mentre le aziende italiane vanno in Serbia, Securum Equity Partners annuncia di voler entrare nel business delle autorizzazioni in Italia: chi partecipa all’operazione 

Ecco che, a distanza di un anno, il tanto atteso accordo  intergovernativo tra Serbia e Italia sulla collaborazione in campo energetico è entrato in vigore. Un accordo che consentirà alla Serbia di sviluppare ulteriormente la propria produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili e all’Italia di essere più vicina al raggiungimento al 2020 dell’obiettivo del 17% di fonti rinnovabili fissato in ambito europeo. Il tutto in nome e per conto della cooperazione industriale e dell’integrazione dei paesi balcanici nell’area europea.

Ed è proprio la produzione di energia il settore dove stanno confluendo i maggiori investimenti e dove alcune aziende italiane si sono già collocate. A luglio 2010 la Seci Energia ha siglato un accordo con Elektroprivreda Srbije (la Enel serba) che prevede la costituzione di una joint company “Ibarske Hidroelektrane”, con il 51% di partecipazione italiana per la costruzione di dieci centrali idroelettriche sul fiume Ibar (investimento iniziale stimato di 283,5 milioni di euro).

Ma gli scambi, almeno secondo quanto riportato da il Mondo, non sono solo dall’Italia verso la Serbia ma viceversa. Il sole della Serbia splenderà in Italia”, così titolava il settimanale economico il 18 gennaio scorso, riportando un’intervista fatta a Dimitri Passaro, co-amministratore delegato e direttore finanziario di Securum Equity Partners, società di venture capital management che il 30 ottobre scorso ha ufficialmente sottoscritto un accordo quadro con la Repubblica di Serbia per la realizzazione del parco fotovoltaico più grande al mondo, denominato OneGiga, la cui costruzione è affidata all’italiana MX Group

OneGiga – che gli addetti ai lavori ricorderanno come il progetto che doveva ridare prospettive occupazionali ai 200 dipendenti della fabbrica di MX Group a Villasanta, la cui produzione è cessata lo scorso mese di giugno sarà il business model da esportare nel nostro paese per risolvere il “problema delle autorizzazioni” che gli investitori non sono riusciti ad utilizzare a causa del calo degli incentivi. “Vogliamo attivare i cantieri, in accordo con i fondi di investimento che già detengono le autorizzazioni per arrivare a produrre nel Sud Italia 400mw l’anno, che corrispondono a 450 milioni di euro di investimenti annui a partire dal prossimo aprile”, ha dichiarato il numero uno di Securum a Barbara Millucci del Mondo.

 Ma se ieri il rinvio davanti al pm Federico Frezza è stato concesso e l’udienza Alikè è stata fissata al prossimo 5 aprile, è emerso anche che Passaro, che risulta residente a Belgrado, non vive proprio malaccio. (da il Piccolo del 2 febbraio 2013)

Ma il nome di Passaro non è certo nuovo alle cronache dei giornali locali di Trieste e Gorizia. Come riporta il quotidiano Il Piccolo di oggi, Dimitri Passaro è stato uno dei due ex amministratori della holding immobiliare Alikè, un crac immobiliare da 25 milioni di euro che in provincia di Trieste ha destato parecchio scalpore.  Ed è di  oggi la notizia che Dimitri Passaro, nonostante le sue nuove attività in Serbia, non riesce a pagare i debiti del fallimento stimati in circa un milione e mezzo di euro.

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