La tragedia della guerra, con la constatazione di quanto fosse stato illusorio il sogno di un conflitto rapido e con la scoperta di un'impreparazione militare che andava a scontrarsi con i miti del guerriero fascista, costringe ad una scelta i ragazzi allevati al canto di Giovinezza. Sono studenti, operai, contadini. Le documentazioni storiche limitano spesso il discorso a quel gruppo di giovani, quasi sempre intellettuali, che hanno potuto e saputo riproporre le vicende della guerra, attraverso scritti ed interventi. Per gli altri basta riandare alle cronache dolorose di quei mesi tra '43 e '44, ed allora ritroviamo accanto ad un professore di scuola media come il santarcangiolese Rino Molari, il ferroviere di Rimini Walter Ghelfi, entrambi fucilati a Fossoli nel luglio '44 assieme ad Edo Bertaccini di Coriano, capitano dell'ottava brigata Garibaldi. [...]
L'altro figlio di Babbi, Angelo, la mattina del 19 al Commissariato di Rimini apprende la notizia che l'indomani suo padre sarebbe stato trasferito a Bologna. Verso le 10.30 del giorno 20, riesce a vederlo alla stazione ferroviaria di Rimini. Giuseppe Babbi viene avviato verso il treno quando si accorge della presenza del figlio, a cui fa segno di allontanarsi. Soltanto a fine aprile Angelo Babbi può avere il permesso per un colloquio col padre nel carcere di Bologna, alla presenza degli agenti: "... però noi parlavamo in dialetto. Mio padre mi disse che l'avevano interrogato più volte e che con lui c'erano... un ragazzo di Rimini, Walter Ghelfi e il prof. Rino Molari di Santarcangelo".
Una delle ultime volte che Angelo Babbi si reca a Bologna dal padre, la famiglia Molari gli affida un pacco da consegnare al professore. "Ma fui costretto a portarlo indietro, perché sia Molari che Ghelfi erano già stati portati nel campo di concentramento di Fossoli di Carpi, dove entrambi furono fucilati", nella notte fra il 12 ed il 13 luglio. Babbi invece viene liberato il 17 luglio. Babbi ha cinquant'anni, Molari trentatré e Ghelfi ventidue. (Dal febbraio del '44 alla liberazione, nel campo di Fossoli transitarono migliaia di prigionieri: inglesi, ebrei, italiani, antifascisti, intellettuali cattolici come Molari. Vi passò anche lo scrittore Primo Levi.) Rino Molari è un docente di lettere di Santarcangelo che nell'anno scolastico '43-44 insegna a Riccione, dove fa amicizia con il parroco di San Lorenzo in Strada don Giovanni Montali, suo compaesano. Poi entra in contatto con l'antifascismo del Cesenate e della Valmarecchia. Trasporta materiale clandestino. Al Provveditorato agli studi di Forlì, per le sue idee, lo giudicano un "elemento poco raccomandabile". Una spia della Repubblica di Salò, Giuseppe Ascoli (alias "capitano Mario Rossi") figlio del generale Ettore Ascoli, lo fa arrestare il 28 aprile '44.
Tonino Guerra in quell'anno cerca di apprendere e di tradurre in realtà la lezione politica e morale di Rino Molari. Ricevuti in consegna dei manifestini lasciati da Molari (nel frattempo ucciso) ad un fabbro, Guerra è fermato da un fascista del suo paese, portato poi a Forlì, quindi a Fossoli ("e sono stato nella stessa baracca dove era stato Rino Molari quattro o cinque giorni prima, la numero 19"), infine in prigionia in Germania per un anno.
A don Montali, come scriverà don Domenico Calandrini, "la guerra civile... barbaramente spense il fratello e la sorella, trucidati in casa vecchi e stanchi, e gettati nell'attiguo pozzo, per rabbia contro il vecchio prete che non s'era fatto sorprendere ed arrestare in canonica". Ha ricordato Maurizio Casadei che don Montali "una volta, ritornando da un viaggio trovò il soffitto della camera sfondato dalle pallottole sparate dalla strada. Poi, dopo che i fascisti nel marzo 1944 arrestarono per attività 'sovversiva' il professor Rino Molari [...] la situazione si aggravò. Sospettato di essere un cospiratore e di aiutare partigiani e prigionieri alleati, don Giovanni dovette fuggire, vestito in borghese, a San Marino, prima a Valdragone e poi a Montegiardino". Quando la mattina del 15 settembre '44, i greci liberano San Lorenzo, nel pozzo vicino alla chiesa si scoprono i corpi di Giulia e Luigi Montali. Avevano cinquantanove e sessantasei anni.
Nel Giornale di Rimini del 2 settembre '45 si legge che a Giuseppe Ascoli "e ad altri due o tre individui in costume da ufficiali e sottufficiali dei bersaglieri [...] si imputa il bieco assassinio" dei due fratelli Montali. Ascoli, come si è visto, è il collaborazionista che fece arrestare il prof. Molari. Gli assassini si sarebbero vantati della loro impresa poco dopo "nel ristorante dell'albergo riccionese dove risiedevano i comandanti del battaglione". Secondo Amedeo Montemaggi (vedi Il Ponte, 9 ottobre 1988), in quei giorni "si incolparono falsamente i tedeschi o i bersaglieri".
Ho ascoltato due nipoti di don Montali. Don Michele Bertozzi: "Don Montali forse sapeva qualcosa di grosso, ma non mi volle mai dire niente". La signora Maria Teresa Avellini Semprini: "Luigi Montali forse era stato colpito al cuore, difficile stabilirlo perché il corpo era in stato di decomposizione. Giulia aveva invece ricevuto una fucilata alla testa". La signora Avellini era stata allieva di Rino Molari nel '43-44, e rammentava che cosa era stato raccontato allora dell'arresto del suo insegnante: "Alla pensione Alba, dove Molari era ospite, si presentarono dei fascisti che si sedettero al ristorante, parlando a voce alta fra loro: "Come ci pesa questa divisa...". Molari avrebbe detto: "Trovate la maniera di buttarla via, venite con me...". Così, con l'inganno, Molari venne arrestato". [...]
Queste pagine sono tolte daI giorni dell'ira.
Su Rino Molari altre pagine di Antonio Montanari:
Rimini 150
Riminilibri 1994
Fuorisacco 2013
"Giovinezza", addio
La caccia all'uomo.
Fossoli, il silenzio sulla strage
Antonio Montanari
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