Tra i tanti temi affrontati e comuni alle due manifestazioni, la collaborazione tra pubblico e privato per un’economia sostenibile e gli esempi virtuosi già in atto per sanare l’energy divide che ancora oggi vede più di 1,3 miliardi di persone senza la possibilità di accedere all’elettricità.
A questo proposito credo sia giusto sottolineare l’azione di un Gruppo come Enel, che rappresenta una delle aziende più attive a livello mondiale sul fronte della sostenibilità (sia ambientale che economica) e della lotta all’energy divide.
Diverse le azioni promosse dal colosso energetico italiano. In primo luogo la partnership tra Enel Green Power e il Barefoot College, l’ong che fornisce a comunità rurali poverissime servizi e soluzioni per l’elettrificazione, attraverso la formazione di donne semi-analfabete appartenenti alle comunità stesse che, dopo sei mesi di corso, diventano ingegneri capaci di installare, manutenere e riparare gli impianti fotovoltaici nei loro villaggi.
Un progetto capace di coniugare rinnovabili e progresso sociale, che da un lato favorisce l’emancipazione femminile in realtà culturalmente ed economicamente disagiate e dall’altro promuove l’uso di fonti pulite, permettendo a villaggi sperduti di avere accesso all’elettricità.
Ma la partnership con il Barefoot College è solo una delle azioni promosse da Enel sul fronte dell’energy divide. Di portata ben più ampia è il programma Enabling Electricity, che ha già garantito a oltre un milione di persone l’accesso all’elettricità attraverso nuove tecnologie di generazione e che, nei prossimi tre anni, si propone di raddoppiare questa cifra.
E c’è da chiedersi se anche tutte queste persone vedono in Enel un killer pericoloso.
[foto da go100percent.org]