La prima installazione di uno strumento per misurare il calore emesso da un radiatore risale al lontano 1917, quando un edificio pubblico in Danimarca venne equipaggiato con dei ripartitori termoelettrici. Si trattava di una tecnologia pioneristica, ma che anticipava un’intensa attività di ricerca e sviluppo che portò alla comparsa del primo ripartitore elettronico negli anni ’80.
Oggi il ripartitore dei costi del calore è uno strumento di misura sofisticato con caratteristiche variabili a seconda della casa costruttrice. Se installato a regola d’arte, quantifica con precisione l’emissione termica dei radiatori, tramutandola in unità di consumo. I dispositivi moderni funzionano con due sensori, uno per la temperatura superficiale del corpo scaldante e l’altro per la temperatura ambiente, e sono dotati di un modulo radio che permette l’invio dei dati all’esterno dell’unità immobiliare. I sensori sono in grado di rilevare differenze di temperatura minime, nell’ordine dei decimi di grado.
I ripartitori di ultima generazione sono dotati di una batteria di lunga durata, di norma superiore a 10 anni. In alcuni modelli la batteria non è fissa e ciò ne consente la sua sostituzione una volta che sarà esaurita, evitando così all’utente l’onere di rimpiazzare l’intero ripartitore.
Per evitare tentativi di frode il ripartitore è anche dotato di un sigillo anti-manomissione elettronico.
Un’altra caratteristica importante per valutare se un ripartitore è in grado di misurare accuratamente l’emissione termica dei radiatori è la sua capacità di essere insensibile alle fonti esterne di calore. Il sensore posteriore, a contatto con la superficie del radiatore, ne misura la variazione di temperatura: in alcune condizioni, fonti esterne di calore come stufe, caminetti e irraggiamento solare, possono generare un apporto indipendente dal circuito di riscaldamento, aumentando la temperatura del corpo scaldante. Quando la temperatura ambiente si abbassa e il radiatore restituisce il calore all’ambiente, il ripartitore potrebbe registrare tale scambio termico come consumo energetico. Al contrario non deve avvenire alcuna registrazione, affinché l’utente non paghi per calore che non proviene dall’impianto.
La temperatura di un corpo scaldante è funzione della sua emissione termica: per ottenere il valore di consumo, il valore misurato viene ricalcolato secondo due fattori, Kq e Kc, che esprimono la potenza termica del radiatore e l’accoppiamento termico del sensore di temperatura.
Ma un preciso rilevamento della temperatura si verifica solo se il sensore posteriore del ripartitore è perfettamente accoppiato con la superficie del radiatore; ciò si ottiene tramite una piastrina metallica, di varie forme, che aderisce agli elementi o alla superficie del corpo scaldante ed è dotata di una sede per il sensore del ripartitore. Inoltre, il montaggio del supporto e del ripartitore va effettuato con la massima cura da tecnici esperti. In alcuni casi, ad esempio sui radiatori a piastra, il fissaggio a vite del supporto posteriore potrebbe risultare impossibile, pertanto si rende necessaria la saldatura della piastrina al corpo scaldante.
Anche la posizione del ripartitore sul radiatore è di fondamentale importanza: il dispositivo deve infatti poter sempre rilevare la temperatura media della superficie del radiatore. Il fissaggio sull’asse orizzontale avviene in posizione centrale, mentre la posizione raccomandata dal produttore per l’asse verticale è compresa tra il 66 e il 75% dell’altezza, a partire dal fondo del radiatore.
In presenza di ostacoli quali copricaloriferi o tendaggi pesanti, il calore ristagna con il rischio che il ripartitore registri un numero errato di unità di consumo o che la temperatura del locale si abbassi perché la valvola termostatica, percependo una temperatura maggiore, chiude l’apporto di acqua calda. In questi casi occorre usare un ripartitore di calore con sensore esterno, collegato con un sottile cavo al corpo del ripartitore.
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La contabilizzazione del calore negli edifici con riscaldamento centralizzato
R. Colombo, F. Zerbetto , 2015, Maggioli Editore
Il decreto legislativo n° 102/2014, con il quale il Governo Italiano ha recepito la direttiva 2012/27/UE, ha reso obbligatoria la misurazione individuale del calore consumato negli edifici.
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