Lagioia esplora la crisi, sia essa economica che esistenziale, decretando come questa non è un effetto collaterale del successo, ma ne è il gemello siamese. È strano e interessante leggere oggi questo libro popolato di professionisti e imprenditori trafficoni, anche se non propriamente malavitosi, nella città di Bari (che il compianto Edmondo Berselli definiva la Milano del Sud), elementi patogeni per il protagonista degli ultimi venti anni di politica italiana, e a cui proprio in questi giorni si misura la temperatura, per capire se è banale influenza o morbo incurabile.
Lagioia ha un’abilità nel manovrare le parole davvero invidiabile, la loro scelta è di una precisione chirurgica, meno positivo è il giudizio sulla sintassi, che spesso si abbandona a dei carpiati che generalmente si perdonano solo agli esordienti e all’esuberanza della prima volta (che non è il caso del nostro), ma si tratta in genere di brevi passaggi, il resto della lettura è, dal punto di vista formale, godibile.
P.S. La copertina del libro è di Gipi, fumettista di fama internazionale che da circa una settimana è nelle sale con il suo primo film da regista, “L’ultimo terrestre” (che ha firmato col suo nome completo Gian Alfonso Pacinotti), in concorso a Venezia e accolto calorosamente da pubblico e critica. Il film parte dallo sconcerto degli autori per la velocità e il modo con cui il popolo italiano deglutisce e assimila tutto ciò che lo riguarda rimanendo sempre lo stesso, impassibile e apatico. Da questa premessa la voglia di simulare cosa succederebbe se lo stesso soggetto fosse esposto alla più eclatante e sensazionale delle notizie: l’arrivo degli alieni.