Riscaldamento globale, catastrofi e altre spiacevoli eventualità.

Da Paolotritto @paolo_tritto

Il santo fratello scrive:

È abbastanza diffusa oggi una certa preoccupazione per le sorti del nostro pianeta, minacciato soprattutto da un inquinamento ambientale “oltre i livelli di guardia” e da un eccessivo sfruttamento delle risorse – così almeno si dice. Per anni abbiamo temuto le conseguenze catastrofiche del buco dell’ozono, oggi quello che angoscia maggiormente sono gli effetti del riscaldamento globale, la scomparsa della foresta amazzonica, la desertificazione, l’esaurimento delle riserve di acqua potabile o l’estinzione di alcune specie animali essenziali all’equilibrio dell’ecosistema. C’è anche chi ha temuto – ma questo c’entra poco con l’inquinamento – che la specie umana non sarebbe sopravvissuta al baco del millennio.

Comunque sia, capita ogni tanto, soprattutto a chi presta fede a quanto viene detto in televisione, di ricevere informazioni riguardo al livello di rischio planetario, con dettagliate previsioni sulla data del catastrofico evento della fine del mondo. Sono informazioni che possono rivelarsi utili a non farsi trovare impreparati quando tutto ciò si verificherà; per esempio, quando un amico vi chiederà un prestito, bisognerà che si impegni a non restituire i vostri soldi oltre la data fatale.

Devo dire però che questi allarmistici annunci non sono una novità. Anche quando io ero un bambino – quindi molto tempo fa – per metterci in guardia dall’imminente fine del mondo, con una certa frequenza venivano a bussare alla porta di casa alcuni gruppi di catastrofisti, che all’epoca si preferiva chiamare un po’ pomposamente “profeti di sventure”. La cosa non ci sconvolgeva più di tanto perché regolarmente la nonna si affacciava all’uscio di casa e commentava con asprezza: «Non me ne frega un bel niente, tanto io allora non ci sarò più!» Mia nonna mentiva perché, puntualmente, sopravviveva. Riuscì a sopravvivere almeno quindici volte alla fine del mondo. Io cercavo di spiegare alla nonna che non bisognava trattare così persone che disinteressatamente si preoccupano del destino dell’umanità e che comunque i catastrofisti sono persone molto educate e sensibili che quindi è conveniente che siano trattate con le buone maniere. Al che lei, in spregio alle regole della dialettica, troncava netto: «Adesso vieni, prendi qualcosa da mangiare». Darmi qualcosa da mangiare era un modo molto efficace per tapparmi la bocca, quando la nonna voleva tapparmi la bocca.

La nonna ormai non c’è più. Mi dispiace per quei profeti di sventure che forse avrebbero voluto che lei sopravvivesse per dimostrarle che le loro previsioni erano esatte. Anch’io avrei voluto ancora averla al mio fianco, non soltanto perché non c’è più nessuno che si prende cura di me, ma per vedere cosa risponderebbe lei a quanti atterriscono l’uomo contemporaneo con le loro velenose anticipazioni sull’Apocalisse.

Avranno anche ragione questi cavalieri dell’Apocalisse, ma con la nonna non l’avrebbero passata liscia. Posso immaginare quale sarebbe stata la sua reazione quando nei talk show le opposte fazioni si scannano discutendo attorno al terrificante tema dell’imminente esaurirsi delle riserve vitali della biosfera. Sono sicuro che irromperebbe negli studi televisivi e con uno scatto strapperebbe il microfono di mano al conduttore per minacciarlo con la sua solita frase: «sai cosa ci faccio io con questo tuo microfono?» La reazione della nonna, indubbiamente, sarebbe stata da condannare. Però dico io: è sempre troppo poco quello che si fa per la salvaguardia del pianeta, certamente, ma perché trattare il nostro povero mondo come un malato terminale?

Holy Brother


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