Riscoprire Milano

Da Giulia Calli @30anni_Giulia

La prima volta che sono tornata a Milano dopo lo strappo, circa 6 mesi dopo il mio trasferimento a Barcellona, il groppo in gola che mi si era formato appena atterrata all'aeroporto di Orio al Serio era esploso in Stazione Centrale, al tavolino di un bar. Il cielo lattiginoso, il turbinio di gente fra il sali-e-scendi su metro bus treni, i venditori di biglietti per lo shuttle aeroportuale, la nube mattiniera di tubi di scappamento e aroma di cornetti alla crema. Era troppo. Era una sensazione di fretta dimenticata, di cappa sopra la testa che appesantiva i pensieri e teneva vicini i ricordi, quelli che facevano più male.

Mai avrei pensato che il ritorno in una città potesse essere così assimilabile alle sensazioni nel rivedere una persona amata che si era persa per strada. Eppure.

Da quella volta, di viaggi a Milano ne sono seguiti altri 3 o 4. E durante ogni capatina in città ho progredito, superando diversi gradi di resistenze mentali e barriere sentimentali. Lentamente, ha iniziato a fare meno male sbucare dalla metro che si affaccia sul Duomo, scendere lungo via Torino, attraversare le Colonne di San Lorenzo, avvistare l'arco di Piazza XXIV Maggio o passeggiare sul Naviglio Pavese. Ritornava l'orientamento, come se non fossi mai andata via da qui, le vie del tram che si dispongono in una mappa mentale disegnando l'itinerario per andare da un punto all'altro della città.

Con fare furtivo ripercorrevo gli stessi cammini di una volta, quasi con la paura che qualcuno mi vedesse e chiedesse che cosa ci fai qui, che Milano non ti appartiene più?

Stavolta mi rendo conto invece che cammino a testa alta, la cappa grigia si alterna a ore di sole e i ricordi ci sono ma si dilungano con tenerezza, perché poi gli occhi sono catturati dal nuovo. Ma quanto è cambiata Milano in questi 3 anni? La vedo bella, viva, caotica come sempre, ma in senso buono. Non so se sia l'effetto Expo e non voglio cadere in questo cliché. Magari sono cambiati i miei occhi, e il velo di tristezza che mi accompagnava nelle toccate e fuga milanesi finalmente si è alleggerito.

Ci sono poi quelle cose che non mancano mai, e alcune di queste - pur sapendo che non dovrò viverle - mi disturbano comunque, come i lunedì mattina annebbiati quando vai in ufficio e l'odore della galleria della metro mentre aspetti sulla banchina.

Mi concedo il lusso di concentrarmi lentamente sugli odori e i profumi che si mescolano. Il profumo della colazione al bar che si fonde con l'odore di catrame in attesa del verde al semaforo di viale Cassala. Un panzerotto di Luini appena sfornato e l'odore di pop corn al cinema Odeon. Il profumo elegante di una signora che esce da una boutique e si imbatte con il tanfo di hamburger bruciata all'entrata di un fast food. Lo sfrigolio di arrosticini al Mercato Metropolitano. Il profumo delle risate di birra con gli amici, della testolina bionda di un bimbo arrivato da poco, del profumo di Felce Azzurra nella doccia, degli abbracci con persone che mancavano da tanto.

Avete una città che riesce a produrre un effetto simile sui vostri sensi?

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La prima volta che sono tornata a Milano dopo lo strappo, circa 6 mesi dopo il mio trasferimento a Barcellona, il groppo in gola che mi si era formato appena atterrata all'aeroporto di Orio al Serio era esploso in Stazione Centrale, al tavolino di un bar. Il cielo lattiginoso, il turbinio di gente fra il sali-e-scendi su metro bus treni, i venditori di biglietti per lo shuttle aeroportuale, la nube mattiniera di tubi di scappamento e aroma di cornetti alla crema. Era troppo. Era una sensazione di fretta dimenticata, di cappa sopra la testa che appesantiva i pensieri e teneva vicini i ricordi, quelli che facevano più male.

Mai avrei pensato che il ritorno in una città potesse essere così assimilabile alle sensazioni nel rivedere una persona amata che si era persa per strada. Eppure.

Da quella volta, di viaggi a Milano ne sono seguiti altri 3 o 4. E durante ogni capatina in città ho progredito, superando diversi gradi di resistenze mentali e barriere sentimentali. Lentamente, ha iniziato a fare meno male sbucare dalla metro che si affaccia sul Duomo, scendere lungo via Torino, attraversare le Colonne di San Lorenzo, avvistare l'arco di Piazza XXIV Maggio o passeggiare sul Naviglio Pavese. Ritornava l'orientamento, come se non fossi mai andata via da qui, le vie del tram che si dispongono in una mappa mentale disegnando l'itinerario per andare da un punto all'altro della città.

Con fare furtivo ripercorrevo gli stessi cammini di una volta, quasi con la paura che qualcuno mi vedesse e chiedesse che cosa ci fai qui, che Milano non ti appartiene più?

Stavolta mi rendo conto invece che cammino a testa alta, la cappa grigia si alterna a ore di sole e i ricordi ci sono ma si dilungano con tenerezza, perché poi gli occhi sono catturati dal nuovo. Ma quanto è cambiata Milano in questi 3 anni? La vedo bella, viva, caotica come sempre, ma in senso buono. Non so se sia l'effetto Expo e non voglio cadere in questo cliché. Magari sono cambiati i miei occhi, e il velo di tristezza che mi accompagnava nelle toccate e fuga milanesi finalmente si è alleggerito.

Ci sono poi quelle cose che non mancano mai, e alcune di queste - pur sapendo che non dovrò viverle - mi disturbano comunque, come i lunedì mattina annebbiati quando vai in ufficio e l'odore della galleria della metro mentre aspetti sulla banchina.

Mi concedo il lusso di concentrarmi lentamente sugli odori e i profumi che si mescolano. Il profumo della colazione al bar che si fonde con l'odore di catrame in attesa del verde al semaforo di viale Cassala. Un panzerotto di Luini appena sfornato e l'odore di pop corn al cinema Odeon. Il profumo elegante di una signora che esce da una boutique e si imbatte con il tanfo di hamburger bruciata all'entrata di un fast food. Lo sfrigolio di arrosticini al Mercato Metropolitano. Il profumo delle risate di birra con gli amici, della testolina bionda di un bimbo arrivato da poco, del profumo di Felce Azzurra nella doccia, degli abbracci con persone che mancavano da tanto.

Avete una città che riesce a produrre un effetto simile sui vostri sensi?

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sempre milano è, è vero grazie per il bentornata, vediamo un po' come va questa permanenza italiana

Giulia. Trent'anni e qualcosa, dopo una separazione e molti traslochi, ora vivo in una scatola di fiammiferi di fronte al mare di Barcellona (♥). Ogni tanto riempio uno zaino e vado a esplorare il mondo. Se sono ben accompagnata ne sono felice, altrimenti cammino benissimo da sola. Per avere più dettagli clicca qui.