di Pierluigi Montalbano
La prima fase, attribuibile al IV millennio a.C., nel quale le culture neolitiche del Vicino Oriente e dell'Europa sud-occidentale adottarono la lavorazione del rame, è anche detta età del Rame, Calcolitico o Eneolitico. Il rame, usato per ornamenti e armi, si rivelò tuttavia troppo malleabile: poteva essere battuto a freddo per ricavarne arnesi rudimentali e perle, oppure fuso e colato in stampi per produrre oggetti più grandi e complessi. In origine era un materiale pregiato, poiché più raro della pietra ed estratto per fusione (cioè scaldato per separarlo dalla roccia) a temperature intorno agli 800°, ottenute nei forni usati per cuocere la ceramica.
In alcuni siti dei Balcani sono stati trovati crogioli e scorie del IV millennio a.C. e si ha notizia di miniere di rame in Europa e nel Vicino Oriente, tra cui le più note sono a Rudna Glava in Serbia, già sfruttate nel 4500 a.C. L'importanza di questo metallo è dimostrata dal fatto che le asce prodotte nei Balcani fossero esportate in Ungheria e Danimarca, dove non c'erano giacimenti.
Lo sviluppo gerarchico delle società dominate da ricche élite è evidente dalle necropoli, dove alcune tombe contengono solo vasellame e selce mentre in altre sono stati rinvenuti oggetti in oro e rame. La più spettacolare è la necropoli di Varna in Bulgaria, databile al IV millennio a.C., in cui una sola tomba conteneva 1 kg e mezzo di oggetti d'oro.
Talvolta nel rame grezzo si trovavano piccole quantità di altri elementi che ne facilitavano la fusione e lo rendevano più resistente da freddo: si scoprì, infatti, che aggiungendo il 10% circa di stagno si otteneva una lega molto più dura – il bronzo – che fondeva facilmente e si prestava a molte forme, conservando un bordo tagliente che poteva essere affilato più volte, mentre gli utensili rotti o logori potevano essere fusi e nuovamente forgiati. Quasi tutti gli oggetti di bronzo – spade, lance, asce, spilloni e fibule – erano prodotti per fusione; altri, come gli scudi, si ottenevano battendo lastre di metallo fino a ottenere la forma desiderata.
La lavorazione del bronzo ebbe origine nell'Asia occidentale nel IV millennio a.C. e si diffuse in tutto il Vecchio Continente nel III millennio. Nel II millennio a.C. molti oggetti di uso quotidiano erano di bronzo, mentre l'uso della pietra e della selce era ormai in declino. Per questo motivo fiorirono numerosi e vasti centri minerari.
Il fabbisogno di stagno e la diffusione del bronzo provocarono notevoli cambiamenti sociali ed economici, quali il sorgere di nuove professioni (cercatori e minatori) e lo sviluppo del commercio di lingotti di metallo su lunghe distanze, il cui controllo conferì potere politico ed economico, nonché prestigio sociale, a determinati gruppi. Lungo le rotte commerciali sorsero centri di produzione e insediamenti fortificati e alcune aree si arricchirono grazie all'intermediazione, come dimostra il caso della cultura del Wessex (Inghilterra meridionale), dominata da capi-guerrieri i cui tumuli sepolcrali hanno rivelato tombe piene di oro, bronzo e ambra.
Moderni esperimenti hanno dimostrato che armi e utensili in bronzo non erano più affilati di quelli in pietra, sicché si ritiene che l'adozione del bronzo fosse un fenomeno strettamente collegato allo status sociale. Più pregiato e lucente, costituiva uno strumento di ostentazione del potere e della ricchezza, che l'aristocrazia preistorica esibiva con gioielli, ornamenti e armi riccamente decorate.
L'entità del commercio nell’età del Bronzo è ancor meglio dimostrata dal relitto (scoperto nel 1982) di una nave affondata al largo del capo di Ulu Burun (Turchia) nel XIV secolo a.C. Probabilmente salpata da Cipro e diretta a Micene, la nave trasportava oltre 250 lingotti di rame estratto nell'isola, stagno e materiali grezzi, tra cui blocchi di vetro blu, usato a Micene per realizzare gioielli. Alcune tavolette scritte in lineare B suggeriscono che dalla resina di terebinto trasportata si sarebbe estratto profumo, mentre l'ebano egiziano e l'avorio sarebbero stati usati per la produzione di mobili. A bordo del relitto sono stati trovati anche resti di ghiande, mandorle, fichi, olive e melograni (ma non è chiaro se fossero provviste o merci di scambio), nonché gioielli in oro e argento e oggetti in bronzo.
Nell'immagine, al Museo Archeologico di Cagliari, matrice in steatite, lingotto ox-hide e panelle in rame.