RISPOSTA (lunga) a Beppe Severgnini: L'indice H e l'ascensore sociale

Da Mirella
I "figli di" sono posti di fronte a un bivio: entrare nella "casta dei figli di", sotto l'ala protettrice dei genitori, oppure fare carriera unicamente sulle proprie gambe. Il fatto che un "figlio di" sia un genio, non rende nessuno rosicone: vuol dire solo che il "figlio di" è figlio dei suoi genitori, ha ereditato come corredo genetico il meglio, ma soprattutto ha respirato fin dalla "pancia della mamma" il profumo della cultura, la dialettica dell'intelletto e la fragranza dei saperi. Insomma, il "figlio di", se è in gamba, ha fatto solo il suo dovere di figlio, il figliolo che dà soddisfazioni vere ai genitori. Quello che tutti noi, in cuor nostro, in fondo in fondo..., vorremmo avere. Tutti ci auguriamo che i figli di Bill Gates e Steve Jobs siano all'altezza dei loro - geniali - padri. Ma se succederà sarà una "non notizia". La notizia sarebbe invece se i figli dei filantropi Bill e Melinda Gates, diventassero "xenofobi", "tirchi", perfino tossici. Ci stupiremmo invece se i figli del compianto Steve Jobs fossero dei "ragionieri senza voli pindarici", dei "secchioni senza cannabis" oppure si comportassero come il perfettino Bill Gates di 30 anni fa...
Gentile dott. Severgnini, che Silvia Deaglio sia "quattro volte sopra la media per l'indice H" (numero di lavori scientifici in rapporto al numero di citazioni ricevute), dimostra solo che la professoressa lavora con i migliori team di ricerca a livello internazionale (e chi ne dubitava?) e che la docente (Associato) è davvero in gamba, essendo ammessa in questi gruppi di ricerca (e chi ne dubitava?).
Gentile dott. Severgnini, nessuno mette in dubbio la bravura, se non la genialità di certi "figli di". Ma qui vanno messi in discussione due concetti: uno, la "fabbrica dei curricula" (che fa sì che il "figlio di" entri nei migliori team, sia grazie alla bravura conclamata sia grazie alle entrature e conoscenze giuste: cose che ad alcuni talentuosi sono precluse); secondo, il fatto che i "figli di", proprio PERCHÈ bravissimi, talentuosi e pieni di capacità, possono permettersi di lasciare il "posto fisso" ad altrettanti ricercatori eccellenti - talentuosi - meritevoli che, ahimè, hanno l'unico handicap di non essere "figli di". Mi spiego.
È proprio la meritocrazia che in Italia va ricostruita, riportando autorevolezza e fiducia in quelle istituzioni che se le sono giocate con i casi clamorosi come quello del "clan Frati" e del "clan di Messina"...
I "figli di" più bravi e geniali possono permettersi di rimanere ricercatori a vita, a stipendio medio (tanto, erediteranno abbastanza...), senza dover scalare le vette accademiche e mettendo in un angolo il "cursus hornorum": un ulteriore titolo non serve loro (per ricercare, è sufficiente essere "ricercatori"); e anzi - in periodo di vacche magre - questo atto di generosità permetterebbe di lasciare liberi gli (ahimè, scarsi - ormai si contano sulle dita di una mano -) posti vacanti, da assegnare a chi merita (tanto quanto loro) ma non può contare sulla fortuna del "cognome".
Perché? Perché lasciare il "posto fisso" a chi è bravo, ma non erediterà fortune (e DNA...), RIDÀ FIDUCIA NEL SISTEMA. Ri-costruire autorevolezza e fiducia nel sistema è compito di un establishment? Direi di sì.
Gentile Dott. Severgni, i rosiconi invidiosi, sono un insulto. A chi non è mai stato raccomandato. Mai. Dia dell'invidioso, a chi Le pare, ma non a chi sta portando avanti un discorso più articolato.
La mia famiglia, che vanta forse qualche merito nell'università italiana - citazioni sulla Treccani comprese - senza piazzare nessun figlio (5 figli dal 108 al 110 e lode) in Ateneo, da anni ha mandato i suoi più "meritevoli" figli e nipoti (indice H accordato) in giro per il globo: dal Canada agli USA. Alcuni loro lavori sono pubblicati sulle più "prestigiose riviste scientifiche": ma all'Italia - che dagli anni '80 è oberata da un pesantissimo debito pubblico - non hanno mai imposto il "nome", il "CV familiare"...
Le sembra strano?
Purtroppo lo è, ma non è un caso isolato. In questi tempi d'austerity un approccio sobrio, l'Understatement, sono - oggi più che mai - un dovere etico. Per non "mandare in vacca" (copyright Jaki Elkann al TG1) tutto.
Ai "figli di", cosa converrebbe? In un periodo in cui le università versano in ristrettezze finanziarie terrificanti, ai "figli di" conviene vincere meno concorsi possibili, anche se se li meritano. MA NON per lasciare il posto a degli invidiosi-rosiconi-sfaticati senza merito! BENSÌ PROPRIO per lasiare il posto ai "Massimo Marchiori" del XXI secolo. Per lasciare il posto a chi è in gamba, talentuoso, meritevole - quanto loro -, coloro ai quali non è toccata in sorte la "fortuna" di avere cognomi "che pesano", eredità che contano, ambienti favorevoli (smart environment) in cui sarebbe stato "facile" crescere nel migliore dei modi possibili.
L'università italiana ha bisogno - urgente - di ARIA FRESCA! Di non leggere sempre gli "stessi cognomi", da decenni..., sugli studi in Facoltà! Di vedere volti nuovi! Di concedere opportunità - vere!- a tutti coloro che se lo meritano! L'università italiana ha bisogno - dopo la Shock economy della cura Gelmini!- di uno choc culturale, che parta dall'alto! Sono bravo ERGO lascio libero il posto (che mi spetterebbe per merito) a chi lo merita altrettanto, ma non è "fortunato" quanto me. Sai che sberla ai baroni?
Chi, come tanti è "figlio di", può essere un precario-di-lusso: un ricercatore, a basso stipendio, che non fa carriera per far carriera, ma in grado di creare opportunità, meritocrazia e ambienti stimolanti. Aprire l'università ai talenti, ma soprattutto dare una spinta alla meritocrazia, e una porta in faccia alle baronie.
I "figli di" hanno il dovere etico di non aspirare a una cattedra e promuovere l'ASCENSORE SOCIALE dei loro colleghi più meritevoli, ma meno fortunati? Il "dovere etico" è forse troppo... Ma se certe rivoluzioni nascono dal basso, ci sono riforme che invece devono nascere dall'Alto. Certe riforme coraggiose possono essere inoculate come un siero rigenerante, solo dall'establishment, che già tante fortune ha - per Dna, sorte o grazia ricevuta...-.
Questo è il messaggio della "filantropia" di Bill Gates. Questo è il messaggio della Big Society.
Poi - quando finalmente l'Italia sarà libera (con CDA liberalizzati, camere dei Lord spazzate vie e università meritocratiche) - allora, a quel punto, i "figli di" potranno aspirare a fare carriera in competizione reale con tutti i loro colleghi pari grado. Ma - prima - bisogna aprire le finestre dei nostri atenei, far circolare aria nuova, cultura fresca! Questa è la nostra Windows of opportunity nel governo più meritocratico che l'Italia abbia mai avuro: cogliamola tutti, questa finestra d'opportunità. Nei "posti fissi" mandiamo avanti i nostri pari grado nell'indice H (ma "senza pedigree" dinastico...), liberalizziamo gli atenei. ORA! E poi - giochiamoci il futuro dell'Italia. In nome di meritocrazia e ascensore sociale.
Questa, sarebbe una Rivoluzione culturale. (E non il programmino degli invidiosetti del quartierino... SuvvIA!)
M.C.

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