Ristoranti e pizzerie: occhio alla quantità di farina utilizzata
Creato il 18 luglio 2011 da Studiocassaro
La Corte di Cassazione con la sentenza n.15580 del 14 luglio 2011 ha confermato la legittimità di un accertamento induttivo basato sul consumo di farina nei confronti di un’attività di ristorazione.La Suprema Corte torna così a pronunciarsi in materia di accertamento induttivo e sull'operato dell'Amministrazione basato sui consumi di materie prime (ricordiamo che già nel 2007 la medesima Corte si era occupata di un accertamento basato sulla ricostruzione dei ricavi in base al consumo di tovaglioli e nel 2010, con una sentenza dello stesso tenore, legittimava la ricostruzione indiretta del reddito basata sul consumo di bottiglie di acqua servita ai tavoli).Nel caso di specie, a seguito di un’ispezione della Guardia di Finanza presso un ristorante, veniva notificato al proprietario un avviso di accertamento IVA, IRPEF e IRAP, basato sul consumo di farina che, secondo i calcoli dell’Ufficio era maggiore rispetto ai coperti dichiarati. Tempi duri, dunque, per i ristoratori che rischiano di dover pagare le imposte non soltanto in funzione dei tovaglioli acquistati e utilizzati per l’espletamento della loro attività, ma anche in funzione della quantità di farina utilizzata per le pizze somministrate ai clienti, perché tutti questi elementi possono tradursi in una prova che lascia presumere il numero dei pasti effettivamente serviti e di conseguenza la ricostruzione induttiva dei maggiori redditi rispetto a quelli dichiarati.