Sandro Piccinini e Aldo Serena stanno insieme ormai da 20 anni. Prima per la tv in chiaro, poi anche per la pay tv (Mediaset Premium). Lui è quello che si è inventato «la sciabolata», il «non va!», il «numero!». Ricorda i primi passi: «È come nei talent, le coppie vanno testate per vedere se hanno le caratteristiche giuste. Si capiva subito che Aldo era molto bravo, abbiamo avuto un’intesa, anche personale, immediata». L’abitudine prepartita? «Ci vediamo in sala stampa con molto anticipo e ci facciamo le nostre chiacchierate di calcio. Poi — questo è un vizio mio — anche 40 minuti prima dell’inizio del match facciamo delle vere e proprie prove di telecronaca, aiuta a scaldare la voce e a sciogliere la lingua, ti chiarisci le idee. Scherziamo anche molto. Ora mi regolo, perché nei primi anni finii in un qualche fuori onda di Striscia e passai qualche guaio serio».
Pierluigi Pardo (sempre Mediaset Premium) è fedifrago: a volte Serena, altre Sebino Nela, altre ancora Roberto Cravero. «Il telecronista fa un lavoro più analitico, da secchione, una preparazione capillare su vita e opere dei giocatori. La seconda voce studia la tecnica e la tattica sulle squadre. Poi però c’è un’alchimia, un rapporto che si consolida, anche solo di sguardi durante la partita». Voce pastosa, Pardo è molto radiocronista, descrive quello che succede nell’istante in cui succede, a volte pure prima, raramente divaga sulla zia del cugino di Caio («La partita è sovrana»). «C’è una chimica di rapporto che incide e i telespettatori colgono. La cena dopo la partita è importante quasi come la partita». I suoi partner? «Serena ha grandi tempi televisivi, senso dell’entrata. Nela è molto calciatore, sottolinea il gesto individuale. Cravero dà una visione da allenatore, più complessiva e tattica». Il suo incubo? «Sbagliare il nome del marcatore. Mi è capitato anni fa. A un gol del Chievo confusi Bierhoff per Cossato, a uno della Lazio Fiore con Muzzi». La sua voce è così popolare da essere stata ingaggiata per il videogioco sul calcio (la Pes).
L’antagonista di consolle (Fifa) e piattaforma tv è Fabio Caressa, voce di Sky. Teatrale, la sua firma è l’urlo di nome e cognome dell’autore del gol, manda tutti a prendere un té caldo all’intervallo e sotto la doccia a fine partita. I suoi detrattori gli contestano la laurea in Tuttologia. Con Beppe Bergomi, spiega, «siamo fratelli, abbiamo fatto tantissime trasferte insieme, ci siamo raccontati le rispettive vite tre o quattro volte. Di tutte le caratteristiche forti che ha, quella più forte, è che ha dei tempi televisivi naturali». Loro sì hanno un rito. «Quando lanciano l’ultimo break prima della partita, noi ci abbracciamo, ci diamo il cinque e siccome siamo entrambi religiosi, ci facciamo il segno della croce e diciamo una preghierina».
Poi c’è Maurizio Compagnoni (sempre Sky). «Rete. Rete. Rete», in Champions ripete con tripla evidenza quello che tutti hanno visto: è gol. Asciutto e competente, l’enfasi quando serve, il ritmo sempre, alieno da barocchismi (rete anziché gol dice molto), anche lui distante dalle divagazioni aneddotiche. Faceva tandem fisso con Antonio Di Gennaro, quest’anno si concede scappatelle con Bergomi e Marchegiani. «Ci conosciamo talmente bene che non facciamo nessun briefing prepartita, andiamo con il pilota automatico». Il suo pre-gara sarebbe un esempio per molti calciatori: «Mai telecronaca a digiuno, evito l’alcol, la sera prima niente stravizi. Con DiGe (lo chiama così) c’è un grande feeling, è nata una vera amicizia».
La Rai gioca una partita in difesa, il calcio in diretta è appaltato alle pay tv. Il pezzo forte è la nazionale, affidata a Stefano Bizzotto che commenta con Giuseppe Dossena. Bizzotto ha le qualità di un bilancio d’esercizio contabile inappuntabile: da una parte è rigorosissimo, dall’altra ha un pathos contenuto. Tre romani (Piccinini, Caressa, Pardo), uno di San Benedetto del Tronto (Compagnoni). Sarà un caso, o forse no, Bizzotto è nato a Bolzano.
Renato Francoper "Corriere della Sera"