Capitolo Terzo
Leicester Square
Quella mattina, quando tutti gli scaldasedie e gli imbrattacarte di Londra erano già all’opera, come d’intesa, telefonai in ufficio per sapere quale sarebbe stata la mia sede di lavoro. La fortuna mi diede una mano: Jim, l’addetto di un ottimo punto di vendita aveva dato forfait il giorno prima e si rendeva così vacante la postazione che lui occupava in una delle piazze più importanti di tutto l’ West End.
Mi presentai quindi al negozio di Leicester Square, dove un manager dai tratti somatici orientali, di nome Abraham, con fare alquanto gentile, dopo avere dato uno sguardo distratto al mio tesserino di riconoscimento, mi mostrò il deposito sul retro del negozio, dove trovai la macchina “Carpigiani”, i briks della crema-gelato, i classici coni e le barrette di cioccolato (i cc.dd. “flakes”), da servire come “optionals” infilati nella crema in cima al cono gelato. In aggiunta avevo in dotazione, proprio accanto alla macchina dei gelati, un dispensatore refrigerante con due vaschette, una per l’aranciata e l’altra per la limonata che preparavo io stesso con acqua corrente e succo concentrato.
Presi posizione sul davanti del negozio e, lindo e lieto, cominciai la mia nuova avventura di gelataio nella Brian Brook Company.
Leicester Square è una piazza poco distante da Piccadilly Circus, da cui vi si accede percorrendo di seguito due brevi, ma commercialmente importanti stradine: Coventry Street e New Coventry Street. La unisce a Trafalgar Square, invece, in direzione sud, Saint Martin’s Place, un ampio viale ai cui lati, tutto attorno alla National Gallery, si trova un’altra categoria un po’ speciale di street’s traders: i pittori girovaghi!
Studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Londra e dintorni, o dei Licei Artistici di tutto il mondo, semplici appassionati, dotati nell’arte della pittura e della ritrattistica; giovani artisti emergenti e vecchi artisti decaduti; aspiranti artisti o presunti tali, tutti convergono in quest’angolo di Londra ad offrire ai passanti il risultato della loro ispirazione sulla tela, per una spesa che può variare da poche sterline per un ritratto o una caricatura eseguiti seduta stante, a spese più impegnative per quadri in esposizione di svariati stili e soggetti, con la speranza di lasciare ai propri discendenti, magari l’equivalente di un Van Gogh; anche se pochi, ad onor del vero, avevano il coraggio ed il fiuto affaristico di investire e scommettere sul talento pittorico di quegli sconosciuti, anonimi espositori; e non di meno, è certo che tutti, compresi i semplici curiosi, respiravano una boccata d’aria autenticamente bohemienne poiché, al di là della spessore artistico di quei pittori non stanziali, i passanti non mancavano di apprezzare l’abilità, la disinvoltura ed insieme la libertà con cui essi esprimevano nella loro arte i propri patemi esistenziali, reali o presunti che fossero.
Nelle più immediate vicinanze di Leicester Square vi è però tutto un pullulare di botteghini, teatri, pubs, discoteche, ristoranti, clubs, bar e ritrovi, uffici di cambio e negozi di abbigliamento; questi ultimi, per lo più, sono di proprietà di commercianti indiani e pakistani, aperti sette giorni su sette, dalle nove del mattino sino a notte inoltrata. La presenza nell’area dei molteplici uffici di cambiamonete era una sicura attestazione della cosmopolicità dei frequentatori che questo spicchio di Londra all’epoca attirava a sé.
Tra i numerosi locali pubblici, ognuno ha la sua propria particolarità. Ad esempio il “Cafè Paris”, dietro la sua apparente normalità, custodisce un segreto noto solo ad una cerchia ristretta. Esso è frequentato da donne che, superata l’età in cui sono desiderabili dai maschi ma non ancora quella in cui esse li desiderano, vi si recano in alta toeletta per farsi adescare da qualche, più o meno, aitante giovanotto disposto a fargli scordare per qualche ora la loro solitudine ed il loro tempo, forse trascorso via inutilmente o troppo in fretta, in cambio di una lauta mancia; oppure “The worm”, ritrovo per omosessuali e lesbiche; il “Cokney Pride”, dove, oltre all’immancabile birra, scorre anche la musica tradizionale londinese.
La mia conoscenza di quei luoghi fu graduale e così quella delle persone che solitamente li frequentavano: gli immancabili ed ineffabili street’s traders.
I primi che ebbi modo di osservare, sin da quel primo lunedì mattina in cui la segretaria della B.B.C. mi aveva indicato Leicester Square come“ your first picth”, fu un gruppo di barboni (o “trumps” che chiamar li si voglia), che sostavano assai spesso su delle panchine, disposte a cerchio, proprio al centro della piazza, di fronte alla mia postazione.
…CONTINUA…