Ritorno a Malthus?

Creato il 05 settembre 2013 da Sviluppofelice @sviluppofelice

(da due articoli, di  Sophie Wenzlau e Merijn Knibbe, in Real World Economics Review Blog, August 17, 27 and 28, 2013; tradotto e rielaborato da  Sviluppo Felice)

Thomas Robert Malthus

Sophie Wenzlau, del World Watch Institute, afferma in un recente articolo (“Global Food Prices Continue to Rise”) che il cambiamento del clima e la crescita della popolazione fanno prevedere nei prossimi decenni l’aumento e l’instabilità dei prezzi dei beni alimentari.

Dopo un declino annuo medio di 0,6% dal 1960 al 1999, dal 2000 al 2012 questi prezzi sono aumentati del 104,5%, a una media di +6,5% l’anno (dati della Banca Mondiale). L’aumento del prodotto agricolo è stato maggiore di quella della domanda. Dal 1961 al 2010 la popolazione mondiale è cresciuta di 3,8 miliardi (+123% ca.), mentre il prodotto netto alimentare è aumentato solo del 49%, grazie ai miglioramenti tecnologici e all’estensione della superficie coltivata (+434 milioni di ettari).

L’instabilità dei prezzi è aumentata drammaticamente dal 2006. Secondo la FAO, dal 1990 al 1999 è stata mediamente del 7,7% annuo, mentre nel 2000-2012 è passata al 22,4% (ma, secondo la Banca Mondiale, nel 1960-99 è stata di quasi 12 punti più alta). Una certa instabilità c’è sempre nei prezzi dei beni agricoli, a causa del tempo atmosferico. Ma oggi si aggiungono altri fattori, come il cambiamento climatico, l’aumento dei prezzi dell’energia e dei fertilizzanti, i raccolti scarsi, le restrizioni nazionali all’esportazione, l’aumento della domanda, le scarse riserve e soprattutto la promozione dei biocarburanti. Dal 2000 al 2011 la produzione di questi ultimi è aumentata più del 500% (soprattutto mais, semi oleosi e canna da zucchero) incoraggiata dall’aumento del prezzo del petrolio e dal sostegno di USA e UE.

Nei prossimi decenni probabilmente i prezzi degli alimenti e la loro instabilità aumenteranno, a causa dell’aumento del cambiamento climatico, della crescita demografica, dei rapporti più stretti col mercato dell’energia. Secondo la FAO, l’aumento dei prezzi da una parte aggrava la povertà e la malnutrizione, dall’altra può incoraggiare gli investimenti agricoli.

La stessa tesi, secondo Merijn Knibbe, si trova in un rapporto dell’Unicef (“Escalating food prices: the threat to poor houseolds”).  Questo rapporto aggiunge, alle cause dell’aumento dei prezzi, la fluttuazione dei cambi e la speculazione finanziaria; e nota che nella maggior parte dei paesi poveri, tra il 2007 e il 2010 i prezzi sono aumentati del 55%. Dal 2008 le famiglie povere hanno esaurito le loro strategie di sopravvivenza, quali mangiare meno, diminuire le spese per la salute, aumentare i debiti e lavorare più a lungo in nero.

Sembra, scrive Knibbe, che il declino dei prezzi alimentari iniziato nel 1875 e arrivato fino al 2005 sia finito. E forse dobbiamo tornare a parlare di Malthus. Per delle politiche di contrasto a questa tendenza dobbiamo guardare innanzitutto ai bambini. Per di più, molti paesi in via di sviluppo devono consolidare i conti pubblici, e per questo stanno tagliando l’assistenza sociale e i sussidi alimentari. Invece i paesi minacciati dall’aumento dei prezzi alimentari dovrebbero passare dalle politiche di austerità a politiche di garanzia alimentare. Inoltre è necessaria un’azione mondiale contro la fame e la malnutrizione dei bambini e della famiglie povere.

Il modo migliore per frenare l’aumento demografico è di accrescere il potere delle donne (educazione, accesso al controllo delle nascite, reddito). Per gli esperti ONU, a metà 2013 la popolazione mondiale era di 7,2 miliardi. Nel 2050 saremo tra i 9 e i 9,6 miliardi, e alla fine di questo secolo gli scenari più probabili prevedono una popolazione fra i 6,8 e i 16,6 miliardi. 


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