Incontrare la signora Buzzi in ascensore era un miraggio perché potevo finalmente parlare con qualcuno che non mi vedesse sempre in pigiama sui libri. La mia vita sociale ridotta a zero, buttare la spazzatura e andare in piscina hanno rappresentato per me straordinarie vicissitudini all’aria aperta.
Tra l’altro, scherzo di un fato crudele, la settimana in cui avevo due esami da sostenere la rondinella di San Benedetto ha deciso di fare capolino e di portare una ventata di primavera. Caldo, sole, cielo azzurro, cinguettii felici. E io studiavo, guardavo fuori e mi dicevo “Dai fra poco hai finito, prendi la bici e vai a fare finta di fare shopping perché come al solito è già tanto se riesci a comprare al 2x1 della Conad”. Finiti gli esami, il grigio, la nebbia, il ghiaccio e un freddo siberiano. La fortuna non è mai stata dalla mia parte, fin qui l’avevo capito.
Uno sopravvive ad un’indefinibile moria di capelli, ad un herpes che si alterna a varie afta, a settimane di reclusione in cui lo specchio si rifiuta di fare il proprio dovere e quando tutto finisce che succede?
Io dato l’ultimo esame avevo 3,5 giorni di riposo prima di iniziare il tour delle lezioni. Lo chiamo Tour perché non ha nulla a che invidiare con quel viaggio in Italia famoso nel 1700, loro ammiravano le meraviglie artistiche del nostro paese (noi invece le trascuriamo fino a ridurle in macerie) mentre io non ho nemmeno il tempo di alzare gli occhi da terra. Cinque corsi da seguire in cinque posti completamente diversi della città. “Ma avete il quarto d’ora accademico per spostarvi da un polo didattico all’altro”, grazie molto gentile, ma ci vorrebbero due ore accademiche per sostenere questi ritmi, arriveremo a fine semestre con due gambe da ciclisti e la maglia rosa.
Di questi giorni di riposo ne ricordo la metà perché ho sofferto pesantemente di narcolessia, mi addormentavo ovunque e in qualsiasi momento, sul treno, in macchina, in ginocchio, sul tavolo, cominciavo a preoccuparmi perché non facevo in tempo a sedermi che già russavo come un facocero. Quella mezza giornata l’ho spesa facendo le pulizie.
Sì, le pulizie, perché la mia camera era invasa da uno strato di polvere così alto che avrei dovuto cominciare gli scavi di Pompei per ritrovare il ripiano dei profumi, per non parlare delle cappelliere che giacciono sopra all’armadio, ormai sono sommerse, sperdute.
Non sono state pulizie ma una vera e propria disinfestazione, le mie coinquiline hanno chiesto “Lollo ma parti? Ti trasferisci?” perché era da quando sono arrivato che non sfacchinavo così tanto con stracci e aspirapolvere.
D’altronde durante gli esami non hai tempo di occuparti dell’igiene del tuo nido sicuro, non ti interessa della polvere e delle lenzuola che assomigliano più alla Sacra Sindone, ad un sudario. Ho ritrovato sotto al letto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare, avete presente le palle di fieno che scivolano in primo piano nei film western? Quello scenario di desolazione? Ecco, ridimensionatelo in due metri quadri di camera dove c’è qualunque cosa, qualunque.
Cambio di lenzuola e coperte, lavatrici su lavatrici, swiffer come se piovesse, mocio vileda turbo maxi diesel, ci credo che poi ho dormito per tre giorni. Il vero riposo, il mio vero regalo per la fine di questa sessione è stato passare un fine settimana felicissimo in Liguria, finalmente una vibrazione al cuore, un Mc Donald’s unto e tossico e una mostra d’arte che consiglio a tutti “Mediterraneo, da Courbet a Monet a Matisse” a Genova a Palazzo Ducale.
Guardare una marina di Manet, uno scorcio di Van Gogh dalla luce accecante è qualcosa che ripaga tutti gli sforzi mentali per gli esami, solo studiando con sentimento puoi avere un brivido davanti a queste opere e capirne l’essenza più intima.
Un pensiero a chi ha ancora i capelli unti e che non ha ancora prenotato un’intera giornata dall’estetista per sopperire alla tragicità di questo periodo di stress. In bocca al lupo a tutti.
Lorenzo Bises