Buongiorno lettori,ben ritrovati con il nostro appuntamento mensile.Potrete leggere questo articolo anche sui blog: Miki in the Pinkland,Stasera cucino io,Mr.Ink: Diario di una dipendenza,The Pauper fashionist e Books LandQuesto mese lasciamo la parola a Monica.
La passione per la fotografia nasce da lontano, avevo più o meno 12 anni e durante le ore di educazione tecnica alle medie ci insegnarono a sviluppare un rullino fotografico. La camera oscura, l’odore dei solventi, la sorpresa di veder comparire la tua creazione su un foglio di carta era qualcosa di unico e magico.
Da quel momento in avanti, ogni volta che qualcuno mi chiedeva “Cosa vuoi fare da grande?” la mia risposta era una sola “La fotografa”.
Gli anni sono passati e questo desiderio non si è realizzato, anche se la passione per la fotografia mi accompagna tuttora. E’ difficile da spiegare, ma non mi sento mai tanto realizzata come quando ho una macchina fotografica tra le mani, è qualcosa di bello, che da soddisfazione, è come fermare il tempo in uno scatto unico ed irripetibile.
Proprio per questo negli anni la mia libreria si è composta non solo di romanzi ma anche di volumi che parlano di fotografia. Steve Mccurry, Robert Capa sono fotografi che ho seguito negli anni e che adoro, ma mai nella mia vita sono stata più felice di ricevere in regalo, nel Natale del 2001, il volume intitolato“Le grandi fotografe di National Geographic”.
Finalmente un libro su fotografe DONNE in un mondo in cui la figura maschile è quasi del tutto predominante.
Con amore e passione mi sono immersa in questa lettura interessante, che non è fatta solo di immagini ma anche di racconti di donne vere, forti e caparbie, che con determinazione hanno lottato per conquistarsi un posto in questa società.
Alla fine degli anni ’70 lo staff del National Geographic, giornale famoso per foto non solo naturalistiche, ma di mondo e di costume, è composta interamente da uomini… le donne al massimo fanno le segretarie o rispondono al telefono.
Si ha la convinzione che nessuna donna possa essere abbastanza tosta per recarsi in un paese dilaniato dalla guerra, che nessuna sia così lungimirante da poter vedere oltre l’obiettivo e catturare l’immagine perfetta.
Come racconta Alexandra Avakian fotoreporter per National Geographic a partire dal 1995 “Quando ancora non ero conosciuta misi insieme un portfolio con il nome di Alex Avakian, non volevo che il mio sesso costituisse un problema.. non volevo che dicessero – non possiamo mandarla in questo posto o a fare questo servizio perché è una donna”
Ma essere fotografi non significa essere uomini o donne, è una lotta continua con la macchina fotografica, è esprimere se stessi attraverso l’obiettivo, trovare la luce giusta, il momento giusto, lo scatto che permetterà a te stessa e agli altri di provare emozione.
Come Jodie Cobb,unica donna nello staff permanente di National Geographic, e non assunta come freelance , che ha combattuto e si è affermata dimostrando che il suo lavoro valeva tanto quanto quello di un uomo.
Donne che hanno dovuto decidere tra la carriera e la vita di tutti i giorni.. dice la stessa Jodie Cobb “ Puoi avere una vita in missione, o puoi avere una vita a casa. Ma è difficile averle entrambe. Quando sei in trasferta per un periodo lungo conosci tutti in città, dal re alla governante. Poi torni a casa. Non sei più in missione. Hai le faccende di casa e i conti arretrati, e può sembrare di dover ricominciare da capo con gli amici, i conoscenti”.
Ma soprattutto con le loro famiglie, mariti scontenti, figli che vivono con madri a metà.
Mi chiedo, leggendo le parole che ho appena scritto, se sia giusto tutto questo? E’ giusto vivere la famiglia a metà? Lasciare i propri figli per recarsi dall'altra parte del mondo? La risposta non è semplice, e penso di non dover essere io a darla.. ma poi mi capita di guardare degli scatti della stessa Cobb e mi rendo conto che se non le avesse scattate, queste immagini non sarebbero mai arrivate fino ai miei occhi e sicuramente sarebbe stata una grande perdita.
Donne come Sisse Brimberg così determinata nel voler diventare una fotografa del National Geographic tanto da telefonare prima in redazione dalla lontana Copenhagen per poi presentarsi dopo diversi rifiuti nella redazione stessa davanti al capo della fotografia Bob Gilka nel 1976, con la pretesa che esaminasse i suoi lavori.
Se non l’avessero assunta ci saremmo persi servizi meravigliosi come quello intitolato “Caterina la grande” in cui rende il paese russo in tutta la sua magnificenza.
Donne che mi hanno insegnato che per raggiungere un obiettivo bisogna essere forti e coraggiose, che bisogna guardarsi dentro e capire qual è la propria passione ed esternarla al mondo perché è giusto che anche gli altri sappiano quanto di bello si possa esprimere con una macchina fotografica. Donne che sono sì fotografe, ma anche mogli e madri, che fanno un lavoro diverso, forse insolito, con il cuore diviso tra dovere e amore , ma con un’unica grande passione, quella di mostrare il mondo attraverso i loro occhi, rendendoti partecipe di un qualcosa più grande di tutti noi.
FONTE: Le grandi fotografe di National Geographic di Caty Newman
Fonte Immagini: Google image
Due solo parole: Che meraviglia *_* Ammiro chi ha la capacità di catturare un attimo perfetto che a molti invece sfuggirebbe.E' un dono che non tutti hanno ed è proprio per questo che non bisognerebbe chiudersi negli stereotipi,perché se no molti di questi momenti andrebbero persi o non verrebbero mai presentati ai nostri occhi.
Al prossimo meseMiki,Monica,Federica,Michele,Clara e Franci