Ho aspettato qualche istante prima di rispondere. Come se volessi lasciare che la domanda gettasse le radici in me. Poi, impercettibilmente, ho sorriso.
La felicità è un concetto mobile. Si nutre di aria e spostamenti. Vive nelle facce degli amici. Nelle consistenze degli abbracci. La felicità - per quanto suoni banale - ha il suono rotondo di risate e voci. Ed io, ultimamente, l'ho trovata solo quando ho spento il cellulare.
Tipo il Mercoledì sera, a lezione di flamenco. Con il rumore sordo dei tacchi sul pavimento a demolirmi l'angoscia in quattro tempi. Quest'angoscia inspiegabile, fastidiosissima, che mi perseguita da un po'.Chiamala inquietudine. Chiamala, non so, forse un po' voglia di cambiare vita.
La mattina mi svegliava un senso di oppressione al petto. Giornate tutte uguali. Stessa stanza. Stesso computer. E mi tornava sempre in mente quel giorno, sulla spiaggia della Barceloneta. Il giorno di Sant Jordi, lo ricordo bene.
Non importa quale fosse la domanda. Ero nel bel mezzo del mio Erasmus. In visita ad amici al Nord con il pretesto di un concerto.
"Ma in fondo, scusa, chi se ne frega?", avevo risposto. "É il passato. É tutt'un altra, lontanissima, vita".
E non importa se poi, tornando, potesse ricadermi tutto addosso come macerie di una casa abbandonata. Rivolevo quella sensazione, punto e basta. Mi mancava la percezione netta di aver tracciato una linea di confine tra due mondi. L'espressione massima della libertà.
Magari è solo troppo tempo che non viaggio più.
In ogni caso, crescere è difficile. É difficile affrontare il confronto tra quella che sei diventata e quella che avresti voluto diventare.
Ogni volta che me ne rendevo conto, inevitabilmente, i ricordi mi trascinavano indietro fino al primo giorno del primo anno di Università a Trieste. A quando camminavo sul marciapiedi diretta all'aula, ignara e curiosa di ciò che mi aspettava."Sei anche tu di Scienze della Comunicazione?", mi aveva chiesto una ragazza mora. Non l'ho più vista, credo si chiamasse Serena. Avevamo iniziato a chiacchierare. Ed io, nel frattempo, mi descrivevo la situazione nella testa, come se dovessi restituirla ai lettori di un immaginario libro.
Lo facevo sempre. Non sapevo se fosse una maledizione o un dono, ma sapevo guardare gli episodi dall'esterno. Ero in grado di trovare storie anche nei dettagli più insignificanti della quotidianità. L'ennesima cosa che adesso mi mancava. Ovviamente non è questo, il ponte. Però era suggestivo.
Almeno fino a quando ho varcato quel ponte, Giovedì scorso, seduta al posto del passeggero in una macchina non mia. La nebbia si alzava dal basso regalando uno scenario spettrale. Di là, silenzio e buio. Campagna. Sembrava non esserci altro. Sembrava la scena di un film del terrore.
Invece, di altro, ce n'era moltissimo. Perchè mi aspettava, al di là di quel ponte, una serata di quelle da ricordare. Un compleanno. Una stanza addobbata. Un'amica che non rivedevo da troppi anni. Un insieme di persone con cui condivido quella passione del Mercoledì, e che è bello conoscere ogni giorno un po' di più.
Quella sera, sulle note di un'inedita versione di "tanti auguri a te" suonata live, le mie due maestre di flamenco hanno ballato le sevillanas assieme. Per me è stato come se due mondi si fossero ricongiunti. Se il passato e il presente si fossero uniti a dare un filo conduttore alla mia storia. Quella che forse, senza accorgermene, stavo piano piano riprendendo a narrare.
Ho dormito, poi. Ho dormito bene come non facevo da settimane.
Poi ho vomitato questo post su un foglio di carta, come facevo ai tempi dell'università. Un post che chissenefrega se non parla strettamente di Spagna. Se è un po' sconnesso. Se non è magari del tutto comprensibile a molti. Un post che chissenefrega se non avrà visite o condivisioni sui social. Un post che parla di me. Soltanto questo. Della me che sto disperatamente cercando di recuperare.
Forse non l'ho ancora del tutto capito, cosa voglio fare "da grande".
So, però, che voglio essere quella ragazza che Giovedì scorso rideva ad una festa di compleanno al di là di un ponte nebbioso. Non quella che più di due settimane piange ogni giorno quando nessuno la vede.
Ecco, volevo dirvi che forse l'ho ritrovata. Che forse sta tornando.
Volevo dirvi che la felicità è un concetto mobile, ed è anche l'unica cosa che sa rendermi produttiva.Per favore, aiutatemi a non perderla più.