Ma sì, anche l'altra sera è stata una bella serata. Ci si vede un paio di volte all'anno coi compagni di scuola del Liceo; sono passati più di quaranta anni, però alla fine è sempre un piacere. Prima un aperitivo, poi tutti a casa di Gianna e la chiacchiera fluisce tranquilla. Intanto riusciamo a metterne insieme sempre una quindicina, che non è neanche poco. Certo che alla fine, si finisce sempre per tornare agli episodi di quegli anni e anche se spesso son sempre gli stessi, sembra che siano nuovi. A volte però salta fuori qualche racconto dimenticato e la serata prende una piega ridanciana. Stavolta ne è uscita fuori una nuova, almeno per molti di noi. Erano gli anni in cui si cominciava ad uscire dal guscio e anche andare al mare sembrava un'avventura. Eccoci quindi su una vecchia Fiat 1100 coi nostri due serissimi professionisti di oggi, che allora giovani virgulti con gli ormoni a palla, percorrevano la riviera romagnola con la bava alla bocca.
Beh, come sapete, allora le ragazze erano piuttosto restie a fare concessioni che andassero al di là del bacetto, quando alle feste in casa si spegnevano le luci, prima che arrivasse la madre a riaccenderle. Dunque certe occasioni non potevano essere perse e la macchina, concessa da papà, filava nella notte mentre i nostri due tombeurs de femmes in erba, avevano caricato due biondine danesi di Copenhagen che promettevano disinibizione e un fine serata bollente. Non si sa bene dove si andasse, ma allora il viaggio in macchina faceva parte della botta di vita. Dunque, mancando un sia pur minimo cenno di lingua comune, allora nessuno sapeva neppure quelle quattro parole di inglese, che poi ci avrebbero fatto credere di essere padroni del mondo, la conversazione latitava e si andava avanti a gesti e ad occhiate roventi. Fatto sta che il pilota, in parte distratto dall'avvenenza della sua passeggera che si era abbandonata languidamente sul sedile a fianco, in parte mentalmente occupato a programmare il prosieguo della serata, mentre sul sedile posteriore l'amico cominciava a porre le basi per un incontro più ravvicinato, manteneva una velocità piuttosto baldanzosa, scalando marce a colpi di doppiette e punta tacco (adesso nessuno se le ricorda più, ma non era poi così facile la guida sportiva), quando prese male una curva e per salvarsi dal fosso, tirò una di quelle frenate che sarebbero rimaste famose nei racconti di spiaggia intorno al fuoco, chitarra alla mano.
La fanciulla al suo fianco, presa di sorpresa, non riusci a tenersi e andò a sbattere di striscio con la testa contro il cruscotto. Risultato, una bella ferita sanguinolenta anche se superficiale. Ma nervi saldi e prontezza di riflessi, che la serata si metteva male. Così il nostro pilota che aveva tutto l'interesse a minimizzare, se ne uscì con una frase consolatoria nell'unico linguaggio differente dall'italiano con cui aveva una minima dimestichezza, e che rimase poi famosa nel tempo. Allargando le braccia esalò: "Rien, c'est la frené" e la fanciulla se ne fece una ragione. Non si sa come sia finita quella serata, per noi invece prosecco e panettone, tanto per fare Natale.
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