Rivolta Salafista a Salé.

Creato il 20 maggio 2011 da Paolo

L’Istituto penitenziario di Salè è stato, lunedi’ e martedi’, il teatro di scontri violenti tra alcuni prigionieri salafisti e le forze d’ordine. La causa: le condizioni di detenzione. Facciamo un passo indietro. I sette islamisti interpellati dalla polizia marocchina nel quadro dell’inchiesta sull’attentato di Marrakech, che ha causato la morte di 17 persone, il 28 aprile scorso, sono stati portati davanti alla giustizia ed incolpati formalmente martedi’ scorso. La prigione di Zaki, a Salé, è stata sotto altissima tensione a causa di una rivolta  dei detenuti islamici che protestavano contro le loro condizioni di detenzione. Quest’ultimi, rifugiatisi sui tetti dello stabilimento penitenziario, si sono scontrati con le forze dell’ordine che hanno risposto con il lancio di gas lacrimogeni e pallottole di caucciù. Scontri che hanno visto una trentina di feriti di cui otto poliziotti e alcune guardie penitenziarie. I salafisti esprimevano il loro malcontento sull’interdizione ad utilizzare i loro telefoni cellulari e Internet. “I detenuti, per la più parte salafisti, hanno protestato perchè l’amministrazione carceraria ha deciso di privarli dei telefoni cellulari e di internet”, ha dichiarati all’AFP Abderrahim Mouthad, presidente dell’Associazione Annassir, che difende i prigionieri salafisti. Una decisione presa in seguito alla scoperta di un video recentemente diffuso su Youtube dove si vede alcuni  prigionieri salafisti protestare contro le loro condizioni di detenzione. Le violenze sono riprese martedi’ mattina, dopo che la prigione aveva ritrovato la sua calma. Già nel mese di marzo i salafisti di Salé avevano inscenato un sit-in di protesta alla prigione di Zaki, contestando le loro condizioni di incarcerazione e dei processi che erano in stand-by da alcuni mesi. Il movimento di protesta del carcere di Zaki avveniva lo stesso giorno della commemorazione degli attentati di Casablanca, il 16 maggio 2003. La MAP (organo di stampa ufficiale marocchino) ha avanzato l’ipotesi che “sono stati i salafisti ad iniziare lo scontro e le forze dell’ordine sono intervenute per ristabilire l’ordine”, mentre altre fonti vicine ai detenuti dichiarano che “un operazione di polizia era stata prevista quel giorno per anticipare una reazione ostile dei salafisti”. Nello stesso momento, un giudice di istruzione antiterrorismo di Rabat ha incolpato formalmente i sette sospettati dell’attentato di Marrakech, di cui il principale accusato, Adil El-Othmanie, presunto cervello dell’attentato, risulta impregnato di “idee jihadiste” e simpatizzante di Al Qaïda. Tutti gli arrestati sono originari della città di Safi, a 300 km a sud di Casablanca, e sono accusati di “costituzione di banda criminale in vista delle preparazione e della commissione di un atto terroristico, attentatori all’ordine pubblico, assassini con premeditazione, detentori e fabbricanti di esplosivi, appartenenti ad un gruppo religioso proibito”. Uno dei più importanti movimenti islamici del Marocco, Al Adl Wal Ihsane (Giustizia e Benevolenza), interdetto in Marocco ma tollerato (causa l’enorme numero di iscritti nelle sue file), presieduto dallo sceicco Abdessalama Yassine, aveva fermamente condannato l’attentato di Marrakech. “Noi condanniamo questo barbaro atto, qualsiasi essi siano i responsabili e riaffermiamo il nostro rifiuto a tutte le forme di violenza”, aveva dichiarato l’organizzazione in un comunicato all’indomani dell’attentato.  Giustizia e Benevolenza ha affermato che le sue azioni sono lontane da quelle perpetrate a Marrakech. Di fatto pero’ nel febbraio 2007, un centinaio di militanti di questo movimento era stato arrestato in diverse città del Marocco nel quadro di una vasta retata di prevenzione agli attentati terroristici. Un operazione che si era sviluppata qualche settimana dopo l’attentato dell’11 marzo 2007, in un  cybercafé di Casablanca, che causo’ un morto (il kamikaze) e dopo lo sventato attentato di Meknés nell’agosto dello stesso anno. Lo scenario di questi ultimi mesi ricorda stranamente gli attentati del maggio 2003 a Casablanca. I salafisti anche in questo caso sono stati i primi ad essere arrestati dalla polizia. L’indomani della carneficina di Casablanca, che ricordo fece 49 morti di cui 12 kamikaze, una caccia all’islamista venne aperta, senza sconti. In totale 2.112 islamisti vennero incolpati, 903 condannati e 17 pene di morte vennero pronunciate e poi commutate in ergastolo. Procedure che vennero criticate dalle organizzazioni internazionali di difesa dei Diritti dell’Uomo. I salafisti sono sempre più puntati a dito e si presume che il Palazzo procederà a nuove retate e a nuovi interrogatori come quelli che riguardarono l’attentato di Casablanca. Staremo a vedere, intanto le Associazioni per i Diritti Umani sono sul piede di guerra.


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