tutte le notti
fra le finestre degli altri
insieme alle ultime sigarette
degli studenti
prima di studiare tutta notte.
Vorrei insegnarti una nuova lingua
quella della solitudine,
la impareresti subito.
Potrei curarti
anche se non hai un’assicurazione
anche se curandoti mi ammalassi io
e morirei,
morirei di allegria.
Vorrei vederti, sai
mentre corri da una stanza all’altra
e tua madre si lamenta
della tristezza di tuo padre,
della ricchezza dei vicini.
Il condizionale è d’obbligo.
Ed è la sola cosa sicura che possegga.
Voglio, posso, ho
sono concetti inesistenti,
evanescenti, liquidi.
Non posso raccoglierli
nel vasetto di vetro insieme alle lucciole.
Vorrei regalarti
le mie rivoluzioni a pochissimi passi dal centro
e so che un giorno le accetterai.
E potrai ricordare e sospirare
e accarezzare e strofinare
le tue labbra inquinate
sui miei vestiti
fino a distruggerli.
Il mio pensiero va
a tutte le volte che avrei dovuto immaginarti
e non l’ho fatto.
A tutte quelle volte che avrei dovuto ubriacarmi
e l’ho fatto di curiosità.
Che qualcosa mi fermi
che qualcuno si fermi
e mi presti soccorso.