Invitato dall'associazione genovese ItaliAmmassalik, che da diversi anni lavora per creare un 'ponte' fra la piccola comunità Inuit di Ammassalik e il mondo occidentale, Robert Peroni, uno dei grandi esploratori dell'artico, sarà martedì 20 gennaio, alle ore 18, alla libreria Feltrinelli, in via Ceccardi a Genova.
Presentato da Walter Bontempi e da Ottorino Tosti, intervistato da Roberta Baronchelli di Mentelocale.it coglierà l'occasione dell'uscita del suo ultimo libro “I colori del ghiaccio” per farci scoprire territori sconosciuti, tradizioni e usanze sopravvissute per centinaia di anni fra i ghiacci della costa orientale della Groenlandia.
Racconterà di Tobias, il cacciatore che ha avuto il coraggio di affrontare da solo uno dei più temibili predatori marini, l'orca; del vecchio e saggio Anda, che gira i villaggi suonando il tamburo e mantenendo vive le antiche tradizioni, e di tanti altri che chi ha visitato Ammassalik ha potuto conoscere di persona.
A queste storie mescolerà il racconto della sua mitica spedizione del 1983, Tre mesi in uno dei luoghi più pericolosi e inospitali della Terra, l'altopiano interno, 1300 Km da costa a costa lungo il 75° parallelo dove le temperature raggiungono non di rado i -40°/-50°. Fu una delle imprese più audaci delle esplorazioni artiche portata a termine senza il conforto dei moderni strumenti di comunicazione e di localizzazione, né telefono satellitare né GPS, e senza l'ausilio né di cani per il traino della slitta con 180 Kg. di materiale né di alcun mezzo meccanico.
Poi lui rimase colpito dalla magia di quel Mondo di ghiaccio pieno di umanità e lasciò tutto per stabilirsi lì, ad Ammassalik, uno dei luoghi più isolati e inospitali della Groenlandia, dove ha creato il progetto sociale ‘The Red House’ con l'obiettivo di aiutare i giovani Inuit di Ammassalik a crearsi un futuro nella loro terra d'origine.
L'esistenza della comunità Inuit di Ammassalik noi occidentali l'abbiamo scoperta nel 1884. Fino a quel momento si riteneva che tutta la costa orientale della Groenlandia fosse disabitata. Allora questa comunità contava 413 individui. Oggi sono poco più di 3000 sparsi in sei piccoli villaggi distanti fra loro anche 50/70 Km.
Nonostante la pressione esercitata dal mondo occidentale questa comunità è riuscita a mantenere i principali tratti della cultura originaria, che si rintracciano nel folklore, nelle concezioni della vita, nel comportamento tenuto durante la caccia, caratterizzato da un forte rispetto verso l'animale predato. E' anche praticamente mancante del senso della proprietà. In sua vece ha sviluppato un forte senso della condivisione, indispensabile per fare fronte alle carestie che hanno sempre colpito questi fiordi. Ancora oggi la caccia e la pesca, specialmente in inverno, molte volte non sono sufficienti per alimentare l'intero gruppo sociale: allora si rimane senza mangiare anche per svariati giorni. Qui non si va al supermercato.
Si mangia soprattutto carne di foca. La foca è l'alimentazione abituale.
E' fondamentale, ogniqualvolta si parla di caccia alla foca, fare una precisazione sul pensiero corrente che gli Inuit massacrerebbero le foche per venderne la pelliccia, perché questo del massacro delle foche da parte degli Inuit è un detto comune veramente fuori luogo.
L'uccisione delle foche per predarne la pelliccia era, ed è ancora praticata nonostante le leggi lo vietino, in Canada e in Alaska dai bracconieri, non certo dagli Inuit. Nessun Inuit ucciderebbe un animale per venderne la pelle. La caccia è praticata esclusivamente a scopo alimentare.
Un tempo le pelli delle foche uccise per essere poi mangiate venivano vendute e questo commercio dava una certa stabilità economica. Le campagne ambientaliste degli ultimi venti anni hanno stroncato questo commercio e questa popolazione sta adesso sopravvivendo a stento mancando dell'economia più basilare per acquistare le cose necessarie alla vita: il gasolio per riscaldarsi e muovere le barche, qualche genere alimentare di sopravvivenza, l'abbigliamento.
Insomma, una popolazione che deve, da noi occidentali responsabili della sua cattiva sorte, essere adesso conosciuta e aiutata.
Questo ed altro verrà a raccontare Robert Peroni a Genova il prossimo martedì 20 gennaio!