CASE CHiUSE_01 by Paola Clerico _ www.casechiuse.net
ROBERTO CODA ZABETTA / CARLO VALSECCHI Garage Soccol Via Procaccini Milano
20 febbraio – 7 marzo su appuntamento + 39 348 7353 469
Opening: 19 febbraio 2015 – ore 18.00 – 23.00
La nostra mostra non ha titolo, ne ho pensati molti, ma li ho esclusi tutti. Quello che ho abbandonato più a malincuore è stato “pas de deux”: un termine a me caro, che nel balletto definisce l’esecuzione di una sequenza di passi a due. L’immagine di due danzatori che procedono con sincronicità avrebbe potuto raffigurare e sintetizzare con precisione la reciprocità di metodo e di ricerca artistica nell’incontro tra Roberto Coda Zabetta e Carlo Valsecchi, ma immediatamente mi si è rivelata come infinitamente banale e scontata. Essendo consapevole che l’immagine evocata dal passo a due era densa di ovvietà, cercavo di allontanarla, ma non trovavo via di uscita perché si ripresentava sempre con maggiore insistenza. Il disagio non si è placato finché non ho capito che quella banale metafora, aveva innescato una sorta di corto circuito nel flusso dei miei pensieri facendo riaffiorare ricordi, immagini e scritti sulla danza dell’ultimo secolo. La danza moderna e contemporanea che si afferma come arte autonoma impegnata a trovare la sua identità. La danza come forma di pensiero sullo spazio, sul corpo, sull’uomo, sul mondo e sul loro reciproco rapporto; la danza come arte anti-dualistica, come esperienza di trascendimento capace di decostruire il reale giungendo nelle zone mobili dell’essere e capace di dare visibilità all’invisibile. Dal Novecento nella danza e nell’arte la pratica all’autoriferimento diventa centrale e l’opera si pone il problema stesso dell’arte, diventa la ricerca della propria essenza. Tutto ciò si presentava come un’occasione per guardare con un’altra logica e un altro punto di vista i nuovi lavori di Coda Zabetta e Valsecchi che presentiamo al Garage Soccol.
Come la danza queste opere sono atemporali e a-spaziali, ma al contempo evocano tempo e spazio. Rimandano a un tempo fluido, non determinato e raccontano di uno spazio non definibile, ordinato non solo su parallele e ascisse, ma fortemente connotato tridimensionalmente da spostamenti circolari, centrifughi e centripeti. Come la coreografia di un balletto, queste opere sono una sequenza di finestre sfumate, aperture sul movimento e sulla trasformazione della materia oltre la materia; multiple visioni non definite di mondi e di particelle di mondi possibili per dare visibilità all’invisibile. Qui tornano alla mente le parole di Calvino sulle Metamorfosi di Ovidio nelle Lezioni Americane: “la conoscenza del mondo passa attraverso la dissoluzione della compattezza del mondo”.
Così come per un danzatore la perfezione tecnica è solo un mezzo per elevarsi oltre ad essa e comunicare oltre al corpo, in questi lavori la tecnica, sempre maneggiata con estrema precisione e spinta all’estrema forzatura, scompare. La visione evocata nello spazio della mente è intensamente forzata nella sottrazione, ma infine si rivela con una naturalezza intrinseca, oltre la fatica del gesto. Si sottrarre tutto, per ritrovare tutto.
Roberto Coda Zabetta e Carlo Valsecchi, attraverso la sottrazione, alleggeriscono la struttura del linguaggio e creano spazio. Liberando lo spazio generano la possibilità di lasciar sorgere un che di aperto, di creare un vuoto in cui possa accadere qualcosa. Non ricercano la presenza, ma evocano un’atmosfera, un concorrere e convenire di occasioni.