“La potenza non consiste nel colpire forte o spesso, ma nel colpire giusto”.
Honorè de Balzac
“Arriva la bomba che scoppia e rimbomba”, così cantava Johnny Dorelli in tutte le radio italiane del ’66, dedicando il pezzo al corteggiamento amoroso fra due amanti. Noi però, accendiamo un’altra radio, quella del calcio, creando l’atmosfera giusta per parlare di uno scoppiettante calciatore, uno dei grandi attaccanti brasiliani degli anni ’70 e ’80, Carlos Roberto de Oliveira, in arte Roberto Dinamite. Nato in un paese nei pressi di Rio de Janeiro, Duque de Caxias (1954), Carlos conquistò i cuori di tutti i tifosi del Vasco da Gama con i suoi 698 gol e con i suoi super-siluri al tritolo che ogni volta, da fuori area, si piazzavano nelle reti avversarie.
Destro micidiale, il suo piede a reazione nucleare gli fece guadagnare il titolo di “Dinamite”, soprannome che caratterizzò il suo gioco in campo e la sua identità stessa per tutta la carriera. Cresciuto nelle giovanili del Vasco da Gama, debuttò coi bianconeri in prima squadra nel 1971, club nel quale restò per quasi venti anni. Nel 1974, con 16 gol, si piazzò capocannoniere nel Campionato Brasiliano e portò il Gigante da Colina del Vasco al primo posto grazie alla finalissima col Cruzeiro vinta per 2-1 al Maracanà, davanti a circa 113 mila spettatori. Tre anni dopo, nel 1977, fu la vittoria del Campionato Carioca, compresa la prima fase, il Taca Guanabara a convincere la nazionale brasiliana a convocarlo per i mondiali di Argentina ’78.
In quel Brasile, dove militavano grandi personalità quali Zico, Cerezo e Dirceu, Roberto si espresse nel migliore dei modi con ottime giocate e con un totale di 3 reti (uno contro l’Austria, nel Girone 3 e una fantastica doppietta nel Girone B di semifinale contro la Polonia di Lato e Boniek). Alla fine della competizione, vinta poi dai padroni di casa dell’Argentina, il Brasile si piazzò terzo, battendo i nostri azzurri nella finale 3°-4° posto. Fu l’unico mondiale da protagonista giocato da Carlos.
Con la nazionale ritrovò un po’ di fiducia l’anno successivo quando il suo Brasile si piazzò al secondo posto nella Copa America, perdendo solo con l’Uruguay di Francescoli. I potenti tiri da lontano di Roberto attirarono l’attenzione anche del pubblico europeo, in particolare di quello spagnolo. Fu infatti il Barcellona ad acquistarlo l’anno successivo, nel 1979, prima ed unica squadra europea in cui Carlos militò nei suoi anni calcistici. Fu una breve parentesi, non troppo esaltante, solo 8 presenze ed un paio di gol, in cui l’unica emozione calcistica, seppur negativa, fu la finale doppia di Supercoppa Europea che Roberto Dinamite giocò perdendo (ma segnando un gol nella partita di ritorno, su rigore, finita poi 1-1) contro il glorioso Nottingham Forest di Clough, detentore della Coppa dei Campioni (mentre il Barcellona mesi prima conquistò, ai danni del Fortuna Dusseldorf, la ahimè dimenticata Coppa delle Coppe).
Dopo il breve e non esaltante intervallo in Europa, Carlos ritornò definitivamente nella sua squadra, il Vasco da Gama e tra gli anni ’80 e ’90 (con due brevi uscite dal club per vestire le maglie di Portuguesa nel ’90 e del Campo Grande nel ’91) dominò con i bianconeri buona parte delle competizioni nazionali.
Carlos si ritirò dal calciò nel 1993 quando nuovi idoli stavano già prendendo il suo posto: Bebeto e Romario, il campione dei mille gol, il cui figlio giocò tra l’altro assieme a quello di Roberto nelle giovanili del Vasco da Gama. Dopo la straordinaria carriera calcistica, relegata per lo più al Brasile, Carlos intraprese prima la carriera politica come consigliere comunale a Rio de Janeiro, poi quella da presidente del Vasco da Gama, mostrando il suo valore anche fuori dalle scarpe a tacchetti. Come il fuoco e la neve o il ferro e il legno, anche Roberto viveva di un grande ossimoro: gambe esplosive e faccia da bravo ragazzo, come tutti i bambini brasiliani che giocano in periferia.