INTERNO18
28 novembre 2015 - 10 gennaio 2016 personale di Roberto Fanari
L'arte di Fanari si muove in un universo che sfugge a collocazioni spazio-temporali prestabilite.
Chi osserva gli oggetti e i personaggi da lui creati può immaginarli in un contesto preciso, senza tuttavia afferrarlo del tutto. Essi sono immersi in uno spazio invisibile in cui la linea, elemento essenziale di tutto il lavoro, costruisce il profilo del soggetto attraverso una fitta trama di ferro cotto che assume una forte valenza cromatica. Sono proprio i vuoti che si alternano alla marcata struttura dell'opera a riempire lo spazio creandone un volume in bilico tra realtà ed immaginazione.
Il vuoto è un'occasione unica per dar vita al proprio mondo formale: tutto parte da un semplice filo che si dipana andando a formare immagini in bilico fra fantasia e realtà.
“L'artista non modella soltanto il metallo, ma anche il vuoto che gli sta intorno. Dal bilanciamento tra queste due componenti deriva la struttura delle sue sculture, i cui volumi sono definiti tanto dalla solidità del materiale quanto dall'immaterialità dell'aria. La bidimensionalità della linea viene trasformata aggiungendo una terza dimensione data dalla possibilità di utilizzare anche quello che non c'è. L'assenza, il vuoto, l'intercapedine. Forse nelle didascalie delle opere di Roberto Fanari non si dovrebbe indicare, come materiale utilizzato, solo filo di ferro cotto, ma anche aria..” (da "L’uomo di latta" di Marta Cereda).
Sculture che si impongono come presenze tutt'altro che inconsistenti. Piccoli dettagli fungono da indizi che ci introducono in un mondo conosciuto visto però attraverso uno sguardo nuovo: basti pensare ai suoi sorprendenti arazzi che costituiscono un'innovativa trasposizione del bidimensionale pittorico nella scultura.
“Con la sobria semplicità del monocromo, le sfumature sono date dall'infittirsi o dal diradarsi della trama, del tessuto. Il ferro ha lo stesso colore della grafite, così Roberto Fanari disegna, ricamando. Il richiamo alla tradizione è presente non solo nella tecnica, ma anche nelle caratteristiche dei decori, nelle forme dei piedistalli, nei rimandi che cerca e rappresenta.
Non per questo l'artista rinuncia alla sperimentazione. Sceglie di abbinare a soggetti di matrice classica, che racchiudono secoli di storia dell'arte, l'utilizzo di sostanze innovative, quali una resina sintetica, color avorio, che conferisce alle opere un'apparenza gommosa, così lontana dal ferro da cui è partito. La possibilità di coesistenza degli opposti permette di unire i due materiali, di fondere le loro caratteristiche” (da "L’uomo di latta" di Marta Cereda).
Tutti i lavori in mostra sono caratterizzati da una nuova espressività scultorea, che si allontana dal linguaggio più aulico e tradizionale della scultura classica, anche se non dimentica un certo tipo di figuratività narrativa.
Nato a Cagliari nel 1984, nel 2003 consegue il diploma all'istituto d'arte Carlo Contini di Oristano. Si trasferisce poi a Sassari dove si laurea in scultura presso l'Accademia di Belle Arti. In seguito ad un soggiorno a Berlino torna in Italia, a Milano, dove tutt'ora vive e lavora.