Dopo diversi anni, per un'occasione speciale, eccomi in quarta fila ad assistere al concerto numero n di Roberto Vecchioni. Chiuso il capitolo Teatro Smeraldo, chiuso in tutti i sensi, la nova casa per cantautore milanese è oggi questo Teatro, dalle classiche sedie in legno non poi tanto scomode, nel centro della mia città.
Sipario rosso che si apre e tre ragazze agli archi sulla sinistra, a poca distanza da loro il chitarrista e Duccio Fabbri all'ukulele, chitarra, piano, violino sulla destra. Al centro il microfono che attende il Roberto. Tutto intorno un nero profondo, luci dall'alto e fare a led alle spalle. In attesa un basso e la batteria, niente coristi.
Novità sul palco un leggio, con pochi fogli, contenente giusto una traccia che il cantante seguirà per interloquire con il suo pubblico. Si parte con i classici, si passa attraverso Le Ragazza si arriva alle Donne, si canta Il Dolore e la non appartenenza, si citano personaggi storici come Velasquez, ma, soprattutto, il concerto è intimo. Vecchioni, da sempre, è autobiografico, ma questa volta si sente particolarmente. Le canzoni che vedono protagonista il suo rapporto con la Fede, le dediche alle piccole nipoti, alla moglie, al figlio, a se stesso dipingono un uomo che si mette a nudo per mostrarci come siamo anche noi, anche se ci illudiamo di essere intoccabili.
Tutto bello. Grandi musicisti che si divertivano a suonare per Vecchioni, su di tutti il batterista calvo e la violoncellista Riviera Lazeri, che a tratti proprio se la rideva. Il resto va a gusti personali. Io avrei preferito che al posto del brano dedicato a Velasquez fosse stata presente una canzone meno frequente nelle sue scalette. Dell'album nuovo avrei voluto ascoltare Esodo ed avrei evitato Wislawa Szymborska e Il Miracolo Segreto. Gusti personali, ovviamente, ma questo è un blog ed è scritto apposta per parlare di gusti personali.
Non potendo rendervi partecipi delle sonorità vissute ecco, almeno, qualche foto della serata.