In Il mago della foresta Nevare aveva dovuto fare i conti con il fallimento di tutti i suoi sogni, alcune dolorose rotture personali, una spiacevole trasformazione fisica e una magia sempre più presente e inquietante.
Con I rinnegati della foresta il protagonista abbandona forzatamente il regno di Gernia per trasformarsi – spettatore impotente nel suo stesso corpo – in uno spietato nemico della sua gente. La storia è portata avanti con logica e continua a essere scritta molto bene, ma mi è comunque piaciuta meno rispetto ai volumi precedenti. Lo sdoppiamento di Nevare in due personaggi diversi mi ha infastidita, probabilmente sono troppo razionale per accettare che una parte della mente e dello spirito di un uomo tratti a questo modo un’altra parte. In più mi piace capire meglio cosa stia accadendo, conoscere meglio i confini del mondo. Posso essere tenuta all’oscuro di tante cose, non ho problemi con gli intrighi, ma la mancanza di punti di riferimento solidi sperimentata da Nevare era una mancanza anche mia, e il ragazzo soldato non era sufficiente per donarmi fiducia o tranquillità. Né per farmi amare quel che stava facendo.
Lo so, quel che sto scrivendo non è chiarissimo. È un tentativo di dar forma a emozioni informi, ma visto che queste emozioni non erano belle non ho particolarmente voglia di analizzarle a fondo. E poi non mi sono piaciuti gli alberi. Non mi è piaciuta Lisana, anche se in qualche momento mi è parso di capirla e forse apprezzarla, e non mi sono piaciute le loro radici. La storia in sé è valida, ma ciò non toglie che dubito che la rileggerò mai, o che la consiglierò a qualcuno. Speriamo che con la serie dei Mercanti di Borgomago, che devo ancora terminare, le cose vadano meglio, perché per il momento Robin è stata capace di affascinarmi lungo il cammino e deludermi sul finale.
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