Parlare di Robot non è altro che una scusa per parlare del rapporto tra l’uomo e l’uomo.
di Alessandro Ligas
Pochi anni più tardi, nel 1927, anche al cinema approda il primo robot della storia nel film muto diretto dall’austriaco Fritz Lang: Metropolis. Un film ambientato nel 2026, in una megalopoli utopica suddivisa in due livelli, dove gli operai lavorano come schiavi mentre i ricchi residenti vivono una vita spensierata, dove un robot dalle fattezze umane, costruito da uno scienziato al servizio dei padroni che vuole vendicarsi del potente dominatore della città, riuscirà a far ribellare i lavoratori per perseguire gli scopi dello scienziato. Il robot simbolo di manipolazioni e di inganno da parte dei ricchi verrà poi distrutto ed in seguito verrà ristabilito un nuovo ordine sociale di armonia tra le genti. Anche in questo film il robot non è stato altro che una scusa per parlare del rapporto tra gli uomini.
Nella serie di film e telefilm degli anni successivi tantissimi sono stati i robot che hanno popolato il grande come il piccolo schermo. Ne abbiamo visti di ogni genere, per dimensione, aspetto e raffinatezza tecnologica ma tutti che, in modo metaforico o meno, descrivono la società ed il rapporto, spesso controverso, tra gli uomini.
Oggi diversi sono i modelli robotici che l’uomo ha costruito e che non sono figli di una finzione cinematografica. Pensiamo ai robot inviati su Marte, i rover utilizzati per l’esplorazione del pianeta rosso e prima ancora pensiamo ai satelliti che ruotano attorno al nostro pianeta. Oggi leggiamo sui quotidiani dei droni che vengono pilotati da remoto per compiere missioni di guerra in territori “ostili” ma anche di automobili autonome che a breve ci sostituiranno nella guida o robot dalla forma umanoide che ci accompagneranno nella nostra vita quotidiana.
Ma pensiamo che i problemi che la finzione cinematografica sottolinea non siano attuali, reali ed “immediati”? Ci sbagliamo. Uno, se non IL, problema più importante della tecnologia, dell’estrema evoluzione tecnologica, è sempre il rapporto che sussiste tra gli uomini ossia che la conoscenza rimanga in mano a poche persone. In questo modo chi realmente programma potrà decidere di controllare intere popolazioni, orientare la nostra posizione politica o religiosa, e cosa ancora più importante le nostre opinioni.
Qui non si parla soltanto di un problema di sicurezza, concetto che, con l’Internet delle Cose (IoT) e L’internet di tutte le cose (IoE), deve essere già ridefinito, in quanto le tecnologie che sono, ed in futuro lo saranno sempre più, in grado di raccogliere un numero elevato di dati relativi ai loro utenti, dalle loro abitudini, alle preferenze, a dove si trovano e cosa fanno, ma proprio di un problema di consapevolezza: stiamo entrando in un’epoca dove chi sa, chi conosce, gestirà (se non lo fa ora) tutto.
Ne abbiamo parlato con Emanuele Micheli della scuola di robotica di Genova in questa breve video intervista
Consapevolezza e conoscenza sono le parole chiave per poter riuscire a risolvere IL problema e la soluzione pratica consiste nell’investire con decisione nella formazione e nella cultura digitale introducendo programmi di educazione, in tutti i livelli di istruzione, ad un uso sicuro e consapevole delle grandi opportunità a disposizione, alla programmazione ed al “making”.