A essere corretti con questo film, bisognerebbe appunto dire che Orlando di Sally Potter è un film e sono solo il mio scrupolo filologico e la mia necessità di non perdere un'occasione preziosa di lettura ad avermi fatto procedere dal libro alla riduzione cinematografica. Che poi non basti, soprattutto a chi ha appena letto l'opera letteraria, la cautissima dicitura based on the novel by Virginia Woolf, è forse più un problema del lettore (e dello spettatore) che non del regista.
Vale anzi subito la pena di sottolineare due aspetti fondamentali. Intanto, il film riesce a conservare molta più ironia e intelligenza sofisticata del romanzo di quanto potessi mai immaginare. Sarà per merito del cast a protagonismo tutto femminile, che poi è il secondo punto forte che fa, di Orlando, un bel film: mi piace senz'altro questa scrittura di donne, da Virginia Woolf a Tilda Swinton passando per Sally Potter (regista e sceneggiatrice, nonché coautrice delle musiche insieme a David Motion). Mi sembra che solo così questa storia bizzarra, favola dello spirito e di poesia, acquisti spessore e trovi spazio nell'animo.
Un uomo, e penso in special modo a James Ivory, avrebbe operato scelte, inquadrature tagli completamente diversi: forse la riscrittura avrebbe avuto un carattere, come dire?, più tradizionale o almeno consolidato. O per lo meno: la miscela di fedeltà e arbitrio, opera nuova e devozione (quasi feticistica) al genio, rende Orlando di Sally Potter, intanto un'opera di Sally Potter, poi (scusate se è poco) un'occasione per vedere maschile e femminile secondo prospettive e tagli diversi rispetto alla storia in sé (che già, di occasioni, ne offre parecchie). Ma il punto è che per me Orlando ha smesso di essere la storia di un uomo che attraversa i secoli e le barriere tra i generi, per rivelarsi inno alla vita e alla poesia.
Sally Potter ha ritagliato per lei rapidissimi siparietti, sguardi allo spettatore, occhi che lo trapassano e parole che lo superano: ti senti spiazzato, vedendo Orlando, sai che la protagonista parla con te e, ça va sans dire, parla di te. Nel film si perdono molti episodi e buona parte della superfetazione lirica ed ebbra della protagonista, ma l'opera cinematografica gode di una maestria e di un professionismo senza pari: le epoche sono ritratte con colori e inquadrature che le restituiscono subito alla fantasia più claudicante, i costumi (in specie quelli del '700) sono magnifici, le atmosfere suggestive fino alla commozione (soprattutto il dialogo con Shelmerdine nell'umido e freddo inverno dell'addio). E insomma, il contrappunto in falsetto di Jimmy Somerville dà quel tocco - qua e là di un queer un po' troppo ruffiano - che fa di Orlando - Virginia Woolf a parte - un vero cult.