Simbolismo e introduzione
Nativo sull'Himalaya e nell’Asia sud-orientale, il ‘rododendro’ (letteralmente ‘albero delle rose’, dal greco ‘rhodon’, 'rosa', e ‘dendron’, 'albero') venne classificato scientificamente per la prima volta nel XVI secolo dal botanico francese naturalizzato olandese Charles l'Ecluse (1526-1609), in seguito conosciuto come Carolus Clusius. La prima specie di rododendro – detta ‘rosa alpina’ per la provenienza dalle Alpi dell'Europa centrale – fu introdotta e coltivata in Gran Bretagna nel 1656; nel 1736, fu importata in America dall'Inghilterra in seguito a un accordo commerciale tra il quacchero inglese Peter Collinson e il botanico coltivatore americano John Bartram. Il genere ‘rododendro’ e le prime precise regole di gerarchia per l'utilizzo sistematico della denominazione nelle piante furono inseriti dal medico, botanico e zoologo svedese Linneo (Carl Nilsson Linnaeus, in seguito Carl von Linné per l’acquisizione di un titolo nobiliare) nell’opera in due volumi ‘Species plantarum’ (1753).
Fino alla metà del XIX secolo soltanto piccoli quantitativi di sementi di rododendri furono segretamente spediti in Europa dato che in Cina era vietato l’accesso agli stranieri, tranne che ai gesuiti francesi in qualità di missionari. L’ingresso anche agli inglesi fu concesso in seguito al trattato di Nanchino (1842) a conclusione della prima guerra dell'oppio, così il vice sovrintendente ai giardini di Chiswick Robert Fortune, inviato in spedizione nel 1843 dalla londinese Royal Horticultural Society, rientrò in Inghilterra con nuove specie nel 1862. Altre centinaia di varietà furono introdotte dalla Cina e dal Tibet dallo scozzese George Forrest (1873-1932), il maggiore collezionista di rododendri in assoluto, dopo un viaggio effettuato nel 1904 per conto del Royal Botanic Garden di Edimburgo.
Tossicologia
Lo storiografo e mercenario greco Senofonte (ca. 430/425 a.C.-355 a.C.) riportò la notizia della tossicità del miele di rododendro nell’opera ‘Anabasi’ (IV sec. a.C.), resoconto del fallimento dell’impresa armata di 10mila mercenari assoldati da Ciro il Giovane per tentare di usurpare il trono di Persia al fratello maggiore Artaserse II, re di Persia e dell’Egitto. Descrisse che, durante il ritiro dell'esercito da Babilonia nel 401 a.C., i soldati si accamparono sulle colline armene di Trebisonda (fondata dai Greci come Trapezunte, in turco Trabzon), sulla costa meridionale turca del Mar Nero (in turco Ponto Eusino), consumarono in grande quantità del miele estratto dai favi dei tantissimi alveari sugli alberi di rododendri a fiori gialli per calmare la fame, ma la maggior parte di loro furono colti da nausea e vomito, mentre coloro che si erano abbuffati barcollando caddero svenuti e rimasero privi di sensi per un giorno intero. La stessa disavventura toccò nel 327 a.C. anche all’esercito di Alessandro III, re di Macedonia, noto come Alessandro Magno, in spedizione sulla via dell'India e, nel 66 a.C., alle truppe del generale e politico romano Gneo Pompeo Magno, in ritirata vicino a Trabzon durante la terza guerra (75 a.C.-65 a.C.) contro Mitridate VI, re del Ponto, detto Mitridate il Grande. In questo caso, lo storico e geografo greco Strabone (ca. 58 a.C.-ca. 21/25 d.C.) raccontò che, durante un attacco, ebbero la peggio i tre squadroni di soldati che erano in preda agli effetti del miele avvelenato di cui si erano cibati e che avevano preso da alveari forse posti deliberatamente lungo il percorso dai difensori. Nella stessa regione, per uno stratagemma simile, nel 946, i nemici russi di Olga di Kiev, reggente (945-ca. 963) per il figlio Svjatoslav, accettarono un grande quantitativo di miele fermentato e poi 5mila di loro furono massacrati mentre erano caduti in uno stato di torpore. Della tossicità delle fioriture primaverili di alcune specie di rododendri trasferite al miele di questo tipo nella zona del Mar Nero aveva già messo in guardia lo scrittore e naturalista romano Plinio il Vecchio (Gaio Plinio Secondo, 23-79) nell’enciclopedia ‘Naturalis Historia’ (77). I turchi, pur essendo consapevoli dei potenziali effetti collaterali del miele di rododendro prodotto in loco, lo aggiungevano alle bevande alcoliche per intensificarne gli effetti. A tale scopo, questo miele venne importato in Europa a tonnellate nel XVIII, dopo che l’arbusto di 'rododendro del Mar Nero' era stato introdotto dal botanico francese Joseph Pitton de Tournefort (1656-1708) nel 1702 dopo un viaggio in Asia Minore.
Usi
I tronchi ritorti di albero di rododendro sono impiegati nella lavorazione di mobili artigianali (sedie, panche, cassapanche, sgabelli, armadi, telai di letti, ecc.) e di altri prodotti (casse, ecc.); i rami vengono intagliati per fabbricare bastoni da passeggio nella Carolina del Nord, manici di coltelli da combattimento in India, porta-incenso da bruciare nei templi buddisti. Nei luoghi dove è di facile raccolta, risulta un’ottima legna da ardere.
In India, i fiori aromatici di rododendro sono utilizzati principalmente in profumeria (deodoranti per ambiente, ecc.); l’olio essenziale dalle caratteristiche note fresche erbacee, forti ed inebrianti, è distillato anche ad uso cosmetico e per fabbricare bastoncini di incenso. Il vino 'Guranse' (‘rododendro’) è preparato con i fiori di una specie di rododendro indiano: dopo 24 ore dalla raccolta, ripone Il succo spremuto in una botte di legno, si aggiunge melassa e lievito, si lascia fermentare per 25-30 giorni e quindi si distilla. Nei villaggi di montagna di Lachen e di Lachung, nello Stato del Sikkim nel nord-est dell’India, l’estratto di pianta di rododendro è adoperato dalla popolazione locale come insetticida naturale e la corolla agro-dolce viene cucinata in gustose fritture; nelle zone del Tibet, viene preparata la marmellata.
Nell’antica medicina indiana, i fiori essiccati di rododendro erano consigliati per alleviare la diarrea, la dissenteria, i reumatismi cronici, la sciatica, la sifilide, mentre legno e rametti nei casi di tisi e febbre cronica. E’ stato rilevato che la pianta di rododendro può svolgere funzioni epatoprotettive e anti-infiammatorie probabilmente per il contenuto di efficaci anti-ossidanti (flavonoidi, saponine, polifenoli), mentre la radice regola l’attività renale. Nei territori attorno all'Himalaya, è popolare l’utilizzo dell'olio essenziale di rododendro come calmante fisico-mentale e per alleviare i dolori reumatici. Con le foglie profumate del rododendro di alta montagna 'Himalaya Sunpati’ vengono preparati incensi per uso locale.