Penso che un libro di storia dell’arte debba necessariamente ricostruire, per quanto possibile, il mondo nel quale collocare l’autore o l’opera di cui si tratta. Nel caso di Caravaggio è addirittura obbligatorio per sottrarlo da una serie abbastanza cospicua di fraintendimenti causati da un eccessivo punto di vista “nostro contemporaneo”. Caravaggio è stato troppo spesso associato con esperienze artistiche novecentesche che nulla hanno a che fare con il mondo culturale e religioso italiano a cavallo tra i secoli XVI e XVII. Certamente Caravaggio commise errori e fece dei torti a molti, ma non può essere in alcun modo associato ad esperienze artistiche come quelle di Francis Bacon, o di altri artisti nostri contemporanei dove il disagio mentale è una componente costitutiva del proprio fare. Caravaggio è certamente uno dei grandi interpreti dei mutamenti culturali e sociali del suo tempo e per questo fu molto apprezzato non solo nella penisola italiana, ma in tutto il mondo di allora.
Caravaggio, raccoglie il testimone dei suoi grandi predecessori e lo trasmette arricchito della sua esperienza alle generazioni successive. Egli sa comprendere fino in fondo il linguaggio dell’arte, tanto da riorganizzarne alcuni aspetti linguistici, ma senza intraprendere, come spesso si sente dire, “rivoluzioni”. Niente di più lontano dalla mentalità del tempo, niente di più lontano dalla concezione dell’arte di Caravaggio è il termine “rivoluzione”. Egli semmai è l’esatto contrario è un “innovatore”, egli si pone in continuità con i maestri a lui precedenti, come Raffaello, Leonardo, Tiziano e Michelangelo, tanto per fare i nomi dei più grandi. Lo scopo della sua arte, della sua “schola”, è quello di tradurre, ovvero di innovare, cioè di rendere contemporaneo il linguaggio dei grandi maestri alla luce delle novità sociali, culturali e religiose scaturite dal Concilio di Trento e diffusesi nella società del tempo.Egli risponde a queste esigenze culturali appunto con la sua maestria e con una operazione di sintesi delle “maniere” e della “natura”. Per rispondere alla seconda parte della sua domanda, si può affermare che ciò che Caravaggio compie è descrivibile in termini linguistici come una “ri-semantizzazione di segni” altrui, in un composto linguistico complesso, innovativo, ma con lunghe e profonde radici nella tradizione artistica dei secoli precedenti. Attraverso questo gesto conquista non solo giudizi positivi in Italia, ma anche nel resto d’Europa. Anche se avversato da colleghi invidiosi del suo successo, è da questi imitato, perché ormai la sua cifra ha fatto scuola al tal punto che in molti si recarono a Roma per conoscere e studiare le sue opere e intraprendere il sentiero da queste tracciato. Artisti tedeschi, olandesi, francesi e spagnoli impararono da quel modo di dipingere tanto nuovo, quanto antico, che fu l’innovativo stile di Caravaggio.