prima di Firenze.
Smarrita da molti, da troppi, la solidarietà non è uno degli elementi che caratterizzano il panorama sociale italiano. Si attenuano, o scompaiono, le solidarietà tradizionali del quartiere, della fabbrica, della comunità religiosa o di partito. Sembra che si rafforzi di nuovo soltanto la solidarietà familiare. Ma troppo spesso, oggi, la famiglia non è un luogo dove lo spirito della solidarietà vive spontaneamente, ma piuttosto un ”rifugio in un mondo ‘’senza cuore” che nega ai giovani il lavoro o la casa costringendoli a più lunghe convivenze.
Certo, il mondo cambia, e nelle grandi metropoli è vano sognare la solidarietà tra vicini del piccolo borgo di campagna. Proprio per questo, alle solidarietà spontanee si era cercato di sostituire solidarietà ”costruite”, quelle dei servizi sociali e del sistema pensionistico, di una sanità pubblica vista non solo come cura della malattia, e così via. Non era una forzatura. La parola ‘’solidarietà” sta scritta nella Costituzione. E lo ”Stato sociale” non doveva limitarsi ad essere Stato assistenziale, ma appunto una nuova costruzione nella quale i cittadini potessero trovare solidarietà adeguate ai tempi che cambiavano. Questo è avvenuto solo in minima parte. Ma, invece di cercare correzioni e irrobustimenti, nella fase più recente ci si è buttati a teorizzare la fine e lo smantellamento dello Stato sociale. Via il sistema pensionistico, nel quale si esprime pure solidarietà tra generazioni. Via un servizio sanitario generalizzato, che dovrebbe realizzare anche la solidarietà tra ceti con diversa forza economica. Via una politica economica capace di offrire solidarietà alle zone meno avanzate.
Tutto questo procedeva di pari passo con la proclamazione di una ideologia. Risuonava l’antico grido ”Arricchitevi!”, e rimbalzava dalle copertine dei mensili per i ceti ”rampanti”. La solidarietà rischia così di presentarsi addirittura come qualcosa di negativo. Chi deve duramente far carriera, e soldi, non ha tempo per gli altri. E la stessa richiesta di solidarietà può apparire come un segno di debolezza. Ma l’esigenza della solidarietà riemerge ogni giorno come grande problema. Chi deve risolverlo? Un libero gioco delle forze, affidato solo ad un ”privato sociale” che può divenire persino fonte di nuove separazioni e ghetti, se ciascuno agisce per offrire solidarietà soltanto ai ‘’suoi”? O, al termine della sbornia neoliberista, siamo in grado di riacchiappare il filo che ci porta a recuperare la solidarietà come valore? Dico valore, perché la solidarietà si pratica solo dov’è sentita, non può nascere da imposizioni. Se allora ci guardiamo intorno, ci accorgiamo da quante parti, e con quanta fatica, si cerchi di dar vita a forme nuove di solidarietà, sciogliendo anche molte ambiguità che accompagnavano questa parola. Ma questi sforzi generosi non possono essere lasciati a loro stessi: politiche di stimolo e di sostegno, istituzioni adeguate, sono oggi più che mai necessarie. (Meditazione su: L’Italia è un paese solidale ? di Stefano Rodotà. I fatti, immagini dei nostri giorni, supplemento al n° 122 dell’Unità del 24 maggio 1987 ).
S A N T O E S E M P I O
Non sono stato capace
di prevedere e neppure di sognare
che quel Papa tedesco
insegnasse a quello Laico italiano.
Per ritornare essere umano
ancora da vivo si è dimesso
e come fa qualunque mortale
si è messo in pensionamento.
Ma da vivo
semplicemente come tutti
così come quando nacque
non come ultimamente visse.
Invece
la Repubblica italiana
Senatore a vita
santifica ancora il Presidente.
Alla fine del mandato
orgoglioso e arzillo
il Primo segua il sensibile
santo esempio intelligente.
Semplicemente.
-Renzo Mazzetti-
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IL FUTURO
Il futuro si nutre del passato
e diviene presente.
-Renzo Mazzetti -